Marino SmiderleLa telefonata di Papa Francesco lo ha commosso. Ma non al punto di fargli smettere di adorare l'unico dio che sembra averlo ossessionato fin da quella notte in cui uccise i genitori: il dio denaro. Perché, al di là della «nuova» realtà processuale paventata da Pietro Maso nell'intervista al settimanale Chi a cui ha svelato il dialogo col pontefice, la procura di Verona ha aperto un fascicolo contro il 44enne di Montecchia di Crosara, accusato ora di tentata estorsione. A presentare l'esposto contro di lui sono state, come ha rivelato il Corriere del Veneto, le due sorelle, Nadia e Laura, attualmente socie in affari a Caldiero (Verona).La chiamata sconvolgente di Papa Francesco è datata 2013 mentre l'ultima iscrizione nel registro degli indagati di Maso risale al dicembre scorso. «Si tratta di un'inchiesta ha confermato il procuratore di Verona Mario Giulio Schinaia avviata sulla base dei contenuti di un esposto presentato direttamente dalle parti lese». Le sorelle di Pietro Maso, appunto.Sempre che ci fosse stato qualcuno disposto a credergli, come va letta ora la nuova versione di Maso sul movente che lo indusse a uccidere i genitori? «Non li ho uccisi per i soldi perché li avrei avuti lo stesso ha dichiarato a Chi -. Ho tentato altre volte di uccidere i miei genitori ma solo perché ero matto». Le due sorelle la pensano diversamente. Al di là del fatto che il procuratore di Verona definisca «atto dovuto» l'iscrizione di Maso nel registro degli indagati, se sono arrivate al punto di denunciarlo per tentata estorsione vuol dire che i soldi sono rimasti la sua ossessione anche dopo i 25 anni in carcere. E che per averli abbia esagerato, se così si può dire, nelle modalità di richiesta a Nadia e Laura.Sui dettagli dell'inchiesta Schinaia mantiene il riserbo, anche se lascia intendere che la richiesta di soldi possa essere stata fatta «con anomala insistenza, con toni e modi eccessivi». Sì, insomma, non è che detto che le sorelle abbiano ricevuto minacce. Basta un tono eccessivo nella richiesta per giustificare un'inchiesta. Tanto più se ti chiami Pietro Maso e qualche precedente ce l'hai. Caso vuole che Schinaia sia stato il pubblico ministero che chiese l'ergastolo per Maso, sostenendo nella sua requisitoria che all'epoca aveva ucciso proprio per i soldi. Lui e i suoi giovani amici erano «drogati» di bella vita e servivano tanti soldi, per potersela permettere. Non crede alla nuova versione fornita dall'ex ergastolano, e non solo perché di fronte a una sentenza passata in giudicato un magistrato ha poco da aggiungere. Ora si tratta di stabilire i contorni di una vicenda ancora oscura. Nell'intervista a Chi Maso ricordava di avere perso il lavoro, di avere archiviato anche il matrimonio con Stefania. «Ora penso a creare a Valencia una casa che accolga quelli che hanno sbagliato».
Difficile pensare che alle sorelle abbia chiesto, «con toni e modi eccessivi», un finanziamento per avviare questa nuova avventura social-imprenditoriale. Per chiarire il giallo ci vorrebbe un'altra telefonata da Oltretevere. Ma stavolta Sua Santità rischierebbe di essere intercettato.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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