Massa-Milei al veleno. L'Argentina in bilico (e l'economia collassa)

Insulti e minacce tra il ministro peronista e l'ultra liberista. Inflazione verso il 180%: vince la sfiducia

Massa-Milei al veleno. L'Argentina in bilico (e l'economia collassa)
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Oggi 35,4 milioni di argentini decidono chi tra il 51enne peronista/kirchnerista Sergio Massa ed il 53enne economista libertario Javier Milei sarà il loro presidente. Sei mesi fa, una vittoria di Massa era considerata impossibile, oggi dopo una pioggia di sussidi e una campagna elettorale incentrata sul terrore - «se vince Milei morirete tutti» in sintesi estrema il suo slogan - i sondaggi danno un pareggio tecnico.

Incertezza è la parola chiave ma, di certo, quando uno stato crolla sotto il suo stesso peso, la popolazione non sa che fare, soprattutto quando l'economia collassa. Questo è quanto sta accadendo in Argentina, dove un ballottaggio presidenziale sul filo di lana deciderà se continuare con le stesse politiche (il candidato Massa è anche l'attuale ministro dell'Economia) o se stravolgerle, come promette di volere fare, Milei. Di certo c'è che il voto di oggi arriva in un contesto di inflazione che, secondo le previsioni, dovrebbe attestarsi al 180% entro fine 2023, con un'economia in recessione e oltre il 40% di argentini che vivono sotto la soglia della povertà. «Augurateci buona fortuna, qualunque sia il risultato questo paese è condannato», sono le parole per descrivere la scelta nel paese del tango di una imprenditrice argentina che ha studiato al Collegio del Mondo Unito, gli UWC che preparano le élite del futuro, basti pensare che la nuova CEO di OpenAI, Mira Murati di Valona, in Albania, arriva da lì. Di certo c'è che Massa nelle ultime settimane ha fatto una campagna sporca, spaventando la gente con video che hanno raffigurato Milei come Jack lo Squartatore. Se vince lui gli argentini saranno destinati a continuare con il capitalismo clientelare, le tasse sulle esportazioni ed il controllo dei capitali. «Il rischio maggiore sarebbe però per le fragili istituzioni democratiche visto che chiedere al peronismo di rifiutare le tattiche da stato di polizia come lo spiare gli avversari è come chiedere ad una tigre di trasformarsi in un agnello» scriveva qualche giorno fa il Wall Street Journal. Lo stesso discorso vale anche per l'ingerenza nella giustizia e per la politica estera, che con il kirchnerismo continuerà ad appoggiare i dittatori della regione, a cominciare da Nicaragua, Cuba e Venezuela.

Accusare Milei, come fanno i media cosiddetti «progressisti» di rappresentare una minaccia per la democrazia è ridicolo. In primis perché vuole ridurre il peso dello stato ed aumentare la libertà degli argentini nel gestire la propria vita e pensare in modo critico. In secondo luogo perché è quasi certo che Milei sarà un presidente debole. Se infatti dovesse vincere lui, quando il prossimo 10 dicembre si insedierà alla Casa Rosada, il suo partito «La Libertà Avanza» avrà appena sei seggi su 72 al Senato e 38 su 257 alla Camera. Se vorrà governare, dovrà per forza di cose lavorare con i moderati che non sempre saranno d'accordo con lui. Inoltre l'economista difende i diritti dell'individuo e le sue opinioni sociali sono coerenti con il suo libertarismo. È contro l'aborto, per lui le famiglie dovrebbero avere la possibilità di scegliere tra istruzione pubblica e privata.

Infine si oppone alle politiche woke ed identitarie. Tutte posizioni che suscitano il panico tra i «progressisti» nel mondo, al pari del suo scetticismo sulle soluzioni stataliste per affrontare il cambiamento climatico.

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