
L'Europa? Si svegli, «si aggiorni». Si dia una mossa. Certo, i dazi, che sciagura. Sono «pericolosi», ostacolano «la moderna libertà di commercio» tra i Paesi, «alterano il mercato», penalizzano «i prodotti di alta qualità». Le barriere doganali di Donald «danneggiano l'economia e mettono a rischio la pace». In una parola, sono «inaccettabili». Ma insomma, basta piangerci addosso, sostiene Sergio Mattarella, piantiamola con le reazioni isteriche e le ritorsioni a caldo perché noi abbiamo tutti gli strumenti, tutte le capacità necessarie per affrontare la situazione. L'Europa infatti «è un soggetto forte e autorevole», capace quindi «di contrastare con calma e determinazione politiche imposte da altri». Servono però da Bruxelles «decisioni veloci». Più polso, meno chiacchiere. Più fatti, meno polemiche con Washington.
Il capo dello Stato, visitando il villaggio di «Agricoltura è», interpreta così la linea tenuta dell'Italia in questa bufera commerciale. «Speriamo che il buon senso prevalga», dice in assonanza con gli auspici di Palazzo Chigi che non ha proprio alcuna intenzione di ingaggiare un braccio di ferro con Trump, che peraltro sarebbe perso in partenza. E dunque, in concomitanza con l'anniversario dei Trattati di Roma, conviene ripartire dai nostri punti di forza, dai settant'anni di storia comune e «di grandi risultati raggiunti».
Mattarella non cita Ventotene e si tiene alla larga dalle dispute sul manifesto. Parla però degli «statisti lungimiranti» che dopo la tragedia della Seconda Guerra Mondiale, la dittatura e l'olocausto «cercarono di capovolgere un'idea» e «con una rivoluzione di pensiero» avviarono l'integrazione.
E bisogna, insiste, «riflettere sul contesto in cui ci si muoveva, l'Italia usciva da un conflitto devastante», quindi «mettere insieme il futuro» fu per noi una salvezza. «Il mercato comune si è ampliato alla comunità economica fino all'Unione europea. E l'introduzione dell'euro è stato un grande fenomeno che ha messo al riparo i risparmi dei cittadini dalle crisi finanziarie. Senza moneta unica i Paesi sarebbero stati travolti dai terremoti valutari. Il benessere e la sicurezza raggiunti erano impensabili nel 1957».
Settant'anni più tardi «quello dell'Unione Europea è diventato un modello imitato nel mondo», dal Mercosur all'Asean, e ciò dimostra «quanto sia stata un'esperienza straordinariamente di successo». Peccato sia piuttosto incompleta, come si vede nelle «sfide» degli ultimi tempi. Politica estera, difesa, competitività delle industrie, clima, nuove tecnologie. «Naturalmente abbiamo delle lacune da colmare», ad esempio occorrono «processi decisionali più veloci». Non si può concorrere con i giganti planetari, e nemmeno con gli emergenti, mediando sempre fino alla virgola tra 27 Paesi. Dobbiamo imparare a cedere quote di sovranità nazionale, se vogliamo competere con Usa, Russia, Cina e pure India e Brasile.
Adesso poi c'è il problema dei dazi. «I mercati aperti - spiega il presidente - corrispondono a due interessi vitali, la pace e la libera esportazione, è una regola di civiltà per il bene delle popolazioni. Le barriere doganali dovrebbero essere inaccettabili per tutti, la collaborazione sulla base di regole leali è indispensabile». Come rispondere? Non con le ritorsioni che, come ha spiegato anche Mario Draghi la settimana scorsa nella sua audizione al Senato, fanno male a chi le subisce e pure a chi le impone. «La risposta non sono altri dazi, ma delle norme da far rispettare, perché una collaborazione su principi leali è indispensabile».
E allora qui tocca usare il cervello, ammonisce Mattarella, «bisogna essere sereni senza alimentare un eccesso di preoccupazione», altrimenti la situazione può sfuggire di mano. «La Ue - ripete - ha la forza per interloquire con calma e autorevolezza per contrastare una scelta così immotivata». Quindi, l'Europa «si aggiorni».
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