La Lancia Flaminia scoperta, le Frecce Tricolori, le corone all'Altare della Patria, i sindaci con la fascia che aprono la sfilata ai Fori, i parà della Folgore che atterrano davanti alla tribuna d'onore. Ecco i simboli, nella loro forza iconica, plastica, della festa di un popolo.
Ecco le parole. «La Repubblica siamo tutti - dice Sergio Mattarella - pure i nostri concittadini all'estero. Dobbiamo passare dalla fuga dei cervelli alla circolazione dei talenti, perché vivere fuori dovrebbe essere una scelta e non più un obbligo». Siamo anche europei. Infatti la prossima sfida, «l'orizzonte», spiega il capo dello Stato nel giorno delle forze armate «è ottenere una difesa Ue realmente integrata». Accanto a lui, «un po' emozionata, chi l'avrebbe mai detto», Giorgia Meloni: «Siamo tutti legati, dobbiamo remare nella stessa direzione. Nessuno ce la fa da solo». E Silvio Berlusconi manda auguri al Paese. «Vogliamoci bene, siamo tutti cittadini della nostra meravigliosa Italia. Non devono esserci contrasti, deve prevalere il bene comune. Vi voglio bene, italiani».
Il presidente è attorniato dagli esponenti di punta della destra di governo, che è al debutto però sembra perfettamente calata nel clima di unità nazionale che si respira. Tutti sorridenti, con la coccarda tricolore, a battere le mani al passaggio delle truppe. «La nostra bella Repubblica, nata grazie a un referendum che chiese agli italiani di scegliere liberamente, compie 77 anni», dice Guido Crosetto. E a 77 anni di distanza, sostiene Mattarella, «i valori della scelta continuano a guidarci nel cammino di un Paese autorevole protagonista in quella Unione Europea che abbiamo contribuito a fondare».
Serve più Europa quindi, non più sovranismo. «Dopo un anno di conflitto, l'Italia è impegnata ancora a contrastare l'aggressione russa al popolo ucraino, fermamente schierata per la difesa della sua libertà e della sua integrità territoriale». Perché, aggiunge, «non ci può essere un futuro nel quale la forza del diritto viene sostituita dal diritto del più forte».
È cambiato il governo ma, visto dall'ottica del Quirinale, non è certo cambiata la linea di politica estera, non gli impegni con i partner e nemmeno il sostegno economico e militare di Roma a Kiev. Il Paese si muove «insieme» e afferma il suo ruolo nella comunità internazionale, diffondendo «i pilastri della nostra Costituzione: libertà, uguaglianza, solidarietà, rispetto dei diritti dei singoli e delle comunità».
Ora però siamo alla vigilia di un salto di qualità. «I valori della Repubblica e della Carta - scrive il presidente nel messaggio al capo di stato maggiore della Difesa, Giuseppe Cavo Dragone - ispira l'azione delle forze armate, che contribuiscono alla pace nel mondo nell'ambito di missioni internazionali».
Italiani brava gente. I nostri militari, insiste Mattarella, «ricevono riconoscimenti, stima e affetto» per il loro impegno sul campo. C'è insomma «comunanza di intenti e sinergia» con i contingenti alleati.
Sono questi gli elementi «cruciali per costruire un'architettura di sicurezza condivisa, fondamento di stabilità sociale e benessere collettivo». E il passo successivo è appunto «l'orizzonte di una difesa europea realmente integrata». Bandiere, fanfare, poi il presidente risale sulla Flaminia e torna al Colle.
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