Prevenire gli illeciti disciplinari prima di reprimere; no alla giustizia creativa, applicare solo la legge; il cittadino ha diritto ad un giudice indipendente e imparziale; il processo deve accertare i reati non può avere finalità diverse e deve essere «più agile e moderno». Una serie di richiami pesanti alle toghe, nel discorso di Sergio Mattarella all'inaugurazione a Castel Capuano della terza sede napoletana della Scuola superiore della magistratura.
Il presidente della Repubblica segue la presentazione dell'attività formativa 2023 per le giovani toghe, insieme al ministro della Giustizia Carlo Nordio, al vicepresidente del Csm Fabio Pinelli e al presidente della Scuola, Giorgio Lattanzi.
Nel suo discorso, con un chiaro riferimento allo scandalo Palamara, raccomanda di evitare il «grave discredito» che colpisce tutto l'ordine giudiziario per i comportamenti dei singoli e fa crollare la fiducia dei cittadini. Mattarella parte da un complimento per finire in una reprimenda. «La magistratura ha dimostrato, anche recentemente, di essere capace di agire - con determinazione e senza timidezza - nei confronti dei magistrati ritenuti responsabili di gravi reati nell'esercizio delle funzioni. Va doverosamente ricordato quanto sarebbe preferibile prevenire ogni forma di malcostume interno, attraverso un più attento esercizio dei compiti di vigilanza».
Il Capo dello Stato parla poi dei processi, troppo lenti e farraginosi, chiedendo collaborazione a tutti per arrivare a riforme urgenti. «È indispensabile - dice- che il processo, sia civile sia penale, divenga strumento più agile e moderno per perseguire adeguatamente gli obiettivi per i quali è predisposto. Occorre che governo e parlamento, magistratura e avvocatura, si impegnino per conseguire questo risultato».
Il processo, però, deve servire alla risoluzione delle controversie e all'accertamento dei reati, «non può essere utilizzato per finalità diverse, che ne stravolgerebbero il ruolo, mettendo gravemente a rischio la fondamentale separazione fra i poteri». Che il giudice sia «soggetto soltanto alla legge» e non debba rispondere al popolo delle sue sentenze, perché non è elettivo «né politicamente responsabile», richiama al fatto che la giustizia va appunto esercitata sulla base delle norme esistenti, senza voli pindarici. «La risposta alle istanze di giustizia - dice Mattarella - impegna la magistratura a trovare soluzioni ancorate esclusivamente nel diritto positivo. Si deve avere ben chiara la distinzione della doverosa interpretazione e applicazione delle norme rispetto alla pretesa di poterne creare per soddisfare esigenze che non possono trovare riscontro nell'ambito della funzione giurisdizionale, secondo quanto è previsto nel nostro ordinamento costituzionale».
Questo vuole anche mettere in guardia di fronte ad invasioni di campo tra poteri dello Stato. Perché se l'indipendenza è un valore «irrinunciabile» per la magistratura, avverte il presidente, «lo stesso rispetto deve essere sempre riconosciuto e assicurato anche alle altre funzioni dello Stato». Attenzione dunque a non superare i limiti del proprio ruolo, dice Mattarella. «Le responsabilità individuali vanno giudicate con precisione e senza alcun condizionamento, avendo sempre cura di muoversi nell'ambito della competenza funzionale attribuita alla magistratura».
Ai nuovi magistrati, spiega il presidente riferendosi alla scuola di formazione nata 11 anni fa, serve «elevata professionalità e radicato senso etico della funzione». Tra i necessari requisiti Mattarella inserisce anche «l'uso di un linguaggio consono e misurato», parlando della Corte di Cassazione che deve assicurare l'uniforme interpretazione della legge. Infine, il presidente riserva una stoccata al parlamento.
«Talvolta le istanze di tutela dei diritti che vengono presentate alla magistratura assumono connotazioni nuove e inedite, rispetto alle quali risulta difficile rinvenire una puntuale e chiara disciplina normativa, nonostante sia stata a più voci sollecitata. Vi sono, indubbiamente, alcuni ritardi del Legislatore».
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