Un copione che si ripete. Il giorno dopo uno sciopero si accende la guerra delle cifre. E, nel caso della serrata nella sanità, i numeri dicono che l'astensione del lavoro non ha funzionato. Quando ancora era in corso lo sciopero, infatti, i rappresentanti delle sigle coinvolte (Anaao Assomed, Cimo-Fesmed e Nursing Up) avevano parlato di un'adesione all'85%. Un vuoto che avrebbe reso impossibile effettuare 1,6 milioni di visite, esami clinici e operazioni chirurgiche programmate.
La realtà è ben diversa stando ai numeri ufficiali forniti dalla Presidenza del Consiglio. Il Dipartimento della funzione pubblica, infatti, ha censito fino all'unità il numero di chi ha preferito incrociare le braccia per protestare contro gli esigui finanziamenti alla sanità nella legge di Bilancio. A fronte di oltre 290mila persone potenzialmente in servizio nella giornata di mercoledì 20 novembre, hanno aderito allo sciopero in 3.172 (tra medici e paramedici), mentre altri 53.466 erano assenti per «altri motivi».
La percentuale che si ricava, dunque, è ben lontana da quell'85% sbandierato dai sindacati. Si arriva a un magro 1,32%. «L'evidenza dei numeri sulla pressoché inesistente partecipazione allo sciopero - commenta il vicepresidente della Camera dei deputati, Giorgio Mulè - dice con certezza solare che le misure decise finora sono condivise e premiate da chi, meritoriamente, assicura il servizio sanitario nazionale».
Commentando i dati ufficiali il ministro Orazio Schillaci ringrazia il personale sanitario che ha di fatto provocato il fallimento dello sciopero. «Medici e infermieri sono consapevoli del lavoro che stiamo portando avanti, nonostante le tante difficoltà, e a loro va il mio ringraziamento per la professionalità e l'abnegazione con cui si dedicano alla cura dei cittadini».
Il senatore di Fratelli d'Italia Franco Zaffini, presidente della Commissione sanità di Palazzo Madama, attacca il sindacato. «È scorretto - dice - diffondere notizie false. La verità è nei numeri diffusi dal Dipartimento della funzione pubblica. L'adesione si attesta poco sopra l'uno per cento, un magro risultato più o meno gemello dello sciopero dello scorso anno, indetto dalle medesime sigle sindacali». L'esponente di Fratelli d'Italia vede poi nel Pd il vero regista dello sciopero che avrebbe quindi una matrice strumentale di attacco politico.
Sul tema interviene pure il segretario della Cgil Maurizio Landini. La discussione sull'adesione allo sciopero, dice, «è uno schiaffo in faccia a chi tiene in piedi un servizio che non funziona». E sullo sciopero del 29, voluto per sollecitare il rinnovo dei contratti, aggiunge: «C'è un'emergenza salariale che va posta con forza. Rimettere al centro il lavoro e le persone è un elemento non solo di giustizia sociale e redistribuzione della ricchezza ma un punto per un nuovo modello economico del Paese.
Quasi 6 milioni di lavoratori non superano gli undicimila euro l'anno. E i provvedimenti del governo non bastano. Chi sciopera perde una giornata di lavoro ma dietro c'è una rivendicazione che riguarda una crescita reale del Paese».
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