Mazzette ai giudici tributari, 13 fermi. Indagato Nicastro, pm-assessore di Vendola

Il magistrato, ora a Matera, avrebbe fatto scrivere le sentenze alla segretaria

Mazzette ai giudici tributari, 13 fermi. Indagato Nicastro, pm-assessore di Vendola

Foggia - Tangenti per pilotare le sentenze tributarie, una fitta opera di mediazione per conquistare la decisione più favorevole, persino un funzionario infedele reclutato e messo a libro paga con uno stipendio mensile: è lo scenario emerso a Foggia dalle indagini della guardia di finanza, che ha eseguito 10 arresti (con il beneficio dei domiciliari) e ha notificato ad altre tre persone un provvedimento di interdizione dai pubblici uffici per un anno. I reati, contestati a vario titolo, sono corruzione in atti giudiziari, falso e truffa in concorso.

L'inchiesta è approdata a una prima svolta ieri, quando è scattato il blitz del nucleo di polizia tributaria della Finanza. Ma gli accertamenti sono tutt'altro che conclusi. E nel fascicolo aperto dalla Procura di Foggia figurano altri 40 indagati a piede libero. Tra loro c'è Lorenzo Nicastro, pm del Tribunale di Matera, in passato in servizio a Bari dove tra l'altro indagò sull'ex presidente della Regione Puglia Raffaele Fitto prima di scegliere la politica e diventare assessore regionale all'Ambiente con l'Idv nella seconda giunta Vendola. A Nicastro vengono contestati i reati di falso in atto pubblico e truffa. Secondo l'accusa l'ex magistrato, nella sua qualità di giudice relatore presso la sezione distaccata di Foggia della commissione tributaria di Bari, dal 2015 al 2017 avrebbe falsificato 168 sentenze procurandosi così è l'ipotesi della Procura un ingiusto profitto di 1.920 euro. Gli investigatori ritengono che Nicastro abbia sottoscritto sentenze risultate completamente redatte dalla sua ex segretaria, attualmente in pensione, finita ai domiciliari.

Secondo i pm di Foggia le sentenze erano addomesticate da un comitato d'affari. Tra gli arrestati ci sono quattro giudici. Ma del presunto sistema che sarebbe stato orchestrato per gestire le decisioni avrebbero fatto parte anche dipendenti delle commissioni tributarie e commercialisti. Questi ultimi è la ricostruzione investigativa - per favorire i loro clienti preferivano pagare per ottenere decisioni favorevoli acquisendo così prestigio e guadagni. I militari della Gdf ritengono che vi fosse anche un tariffario delle mazzette, che variavano da 500 ai mille euro. Fondamentale era il ruolo dei giudici.

Che in alcuni casi sostengono gli investigatori - erano compiacenti mentre in altri erano invece svogliati: in buona sostanza sempre per l'accusa - pur in mancanza di utilità personale, delegavano tutto ai funzionari limitandosi alla firma e incassando quanto previsto per l'attività decisoria. Il presunto sistema sarebbe stato pianificato. Al punto che uno dei commercialisti aveva pensato bene di reclutare un funzionario garantendogli uno stipendio personale di 400 euro a mese.

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