Il mea culpa di Berlino. "Sicurezza da ripensare"

Riad aveva chiesto l'estradizione del killer. L'Afd in marcia a Magdeburgo: "Era solo un islamista"

Il mea culpa di Berlino. "Sicurezza da ripensare"
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Un Natale di sangue rischiava di terrorizzare la Germania scossa dall'attentato di Magdeburgo compiuto da un rifugiato saudita, l'islamofobo Taleb Al Abdulmohsen. Il 25 dicembre, nel mercato natalizio di Bremerhaven, «pugnalerò chiunque sembri arabo o mediterraneo»: è l'annuncio su TikTok di Klaus Ulli Quell. Un tedesco abitante nella stessa città, che vuole vendicare le vittime di Al Abdulmohsen con un attacco dal movente razzista. Non si sa nulla di Quell, che su Facebook ha pubblicato una foto con una bandiera tedesca e la scritta «Se ti disturba, ti aiuto a fare le valigie», mentre un'altra lo ritrae con un'acconciatura alla Hitler. Quell è stato arrestato l'altroieri, poco dopo aver diffuso il video. Le autorità tedesche sono riuscite a impedire che la minaccia si tramutasse in morte e terrore, compito che hanno platealmente fallito a Magdeburgo per i loro limiti operativi e culturali.

Dopo i cinque morti e oltre 200 feriti dell'attentato nel mercato di Natale della città, si devono trarre conseguenze per l'intero apparato di sicurezza, ha dovuto ammettere il ministro della Giustizia, del Digitale e dei Trasporti Volker Wissing. Nota da anni, la pericolosità di Al Abdulmohsen è stata sottovalutata. Le forze dell'ordine si limitarono ad avvertire l'islamofobo che le sue minacce avrebbero potuto avere conseguenze penali. Inoltre, l'Arabia Saudita inviò ripetutamente alla Germania informazioni sul suo cittadino e ne chiese l'estradizione, accusandolo di terrorismo e traffico di esseri umani. Da Berlino giunse un netto rifiuto: nel suo Paese di origine Al Abdulmohsen rischiava di essere perseguitato in quanto aveva rinnegato l'islam. A complicare l'osservazione e valutazione dell'attentatore è stato poi il suo profilo. Un rifugiato politico residente dal 2006 in Germania, uno psichiatra che aiutava i profughi, un esempio di integrazione. Nel 2013, Al Abdulmohsen aveva minacciato di fare «qualcosa» che avrebbe attirato l'attenzione internazionale, alludendo all'attentato jihadista contro la maratona di Boston. Tuttavia, le indagini non avevano rivelato alcun pericolo concreto e il medico si era scusato per le sue affermazioni. Dalla primavera scorsa, su X dove manifestava il proprio sostegno per il partito di estrema destra Afd, Al Abdumohsen ha pubblicato messaggi sempre più minacciosi. Bramava vendetta contro l'islamizzazione della Germania e dell'Europa di cui giudicava responsabile il governo di Berlino, il saudita che odiava l'islam. A pagare un «prezzo enorme» doveva essere la «nazione tedesca», senza distinzioni di religione. Per questo, Al Abdulmohsen ha colpito un mercato di Natale, simbolo sia delle radici cristiane sia della secolarizzazione della Germania. È l'apice della radicalizzazione di un ego smisurato, con tratti ossessivi e passivo-aggressivi. Un maniaco si è avvitato sulle proprie fissazioni fino al deragliamento omicida, in cui ha emulato gli odiati islamisti.

Un profilo tanto complesso ha scatenato un cortocircuito nell'estrema destra, in difficoltà nel reagire all'attacco di Magdeburgo. L'attentatore è un immigrato integrato, un islamofobo, un ammiratore di Elon Musk, delle sue posizioni su migranti e libertà di parola. A mettere ordine è arrivata Alice Weidel, candidata di Afd a cancelliera alle elezioni anticipate che si terranno in Germania il 23 febbraio.

Al Abdulmohsen è «un islamista ricolmo d'odio contro noi tedeschi, contro noi cristiani», ha tuonato Weidel ieri a Magdeburgo, durante la commemorazione delle vittime dell'islamofobo organizzata da Afd. Dal palco e dalla folla è stata invocata ripetutamente l'espulsione degli immigrati, si è gridato che «l'islam non è parte della Germania». Parole che Al Abdulmohsen apprezzerebbe.

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