Il medico saudita in Sassonia dal 2006. La caduta di Damasco risveglia i "lupi solitari"

La sua azione riporta all'attentato del 2016 a Berlino. Ora il contesto è ritornato lo stesso

Il medico saudita in Sassonia dal 2006. La caduta di Damasco risveglia i "lupi solitari"
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Un ritorno al passato. Che non s'era mai dissolto. La strage di Magdeburgo con le sue vittime e le decine di feriti travolte da un islamista saudita rievoca drammaticamente quella dei mercatini di Natale di Berlino del 19 dicembre 2016. Cambia solo il mezzo e il nome dell'attentatore. Allora fu un autoarticolato guidato da quel terrorista tunisino Anis Amri sorpreso ed eliminato da due poliziotti italiani mentre cercava rifugio intorno a Sesto San Giovanni alla periferia di Milano. Stavolta il lupo solitario arrivato a seminar morte alla guida di un'autovettura sarebbe un medico saudita in Germania dal 2006. Poco cambia.

La matrice e il contesto internazionale sono gli stessi. Anche se molti stentano ad accorgersene. Allora lo stato Islamico del Califfo Abu Baqr Al Baghdadi controllava una zona vasta due volte la Lombardia estesa dell'Iraq, con al centro Mosul, fino alla città siriana di Raqqa suo capoluogo e alla periferia orientale di Aleppo. Da quella fetta di Iraq e Siria partivano i proclami che spingevano all'azione i lupi solitari alla Anis Amri.

Oggi la situazione è pressoché la stessa. O forse peggiore. I jihadisti dopo la fuga di Assad controllano l'intera Siria. E si preparano a governarla. Certo potremmo filosofeggiare sulla redenzione e sulla conversione alla democrazia di un signore chiamato Ahmad Al Shara. Ma prima faremmo bene a non scordare che Al Shara - quando ancora si faceva chiamare con il nome di battaglia di Abu Muhammad al Jolani - è stato prima il luogotenente del Califfo al Baghdadi e poi il capo di Al Nusra la succursale siriana di Al Qaida. Ora dovrebbe perlomeno insospettirci il fatto che mentre Al Shara, alias Al Jolani, vagheggia di inclusività e altri concetti cari alle «anime belle» occidentali il terrorismo riassuma crudele concretezza attivando uno dei suoi lupi solitari e spingendolo a far strage nel cuore di Magdeburgo. Peraltro rievocando sinistramente uno dei più sanguinosi attentati messi a segno quando lo Stato Islamico era al suo azimuth. Forse sarà un caso, ma è inevitabile chiedersi come mai fino a quando i resti del terrorismo jihadista erano confinati nella provincia siriana di Idlib nessun lupo solitario abbia mostrato i suoi artigli. Neppure nei giorni più neri di Gaza. Mentre ora, solo due settimane dopo la caduta di Damasco nelle mani di un ex dello Stato Islamico e di Al Qaida gli orrori di dieci anni fa tornino concreti e reali. Vorremmo sbagliarci, ma ci sembra che nel giorno della sua assoluzione i proclami di Matteo Salvini sulla necessità di saper guardare e difendere le frontiere riacquistino una drammatica attualità.

La prima a ignorare quel banale e antico concetto è stata nell'autunno del 2015 un'Angela Merkel venerata al tempo come la più lucida leader europea. Oggi i suoi errori si rivelano un insanabile tumore capace, grazie all'involuzione di una Siria dove i terroristi sono tornati al potere di attivare nuove metastasi.

Il tutto mentre noi fidandoci delle parole di chi ci aveva già colpito alla gola ci illudevamo di aver sconfitto il terrore islamista e i suoi emissari penetrati nelle nostre città. Oggi l'orrore di Magdeburgo ci ricorda che chi non difende i propri confini apre le porte al nemico. Ed espone i propri cittadini ai colpi di un terrore jihadista mai veramente sconfitto.

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