Meloni: bene Salvini a chiarire sul Colle. E attacca: è la sinistra che non lo rispetta

"Sulle riforme lo tirano nell'agone politico. Schlein e Conte assenti alla parata"

Meloni: bene Salvini a chiarire sul Colle. E attacca: è la sinistra che non lo rispetta
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Esattamente come ha fatto per tutta la campagna elettorale, Giorgia Meloni evita accuratamente di alimentare divisioni all'interno della maggioranza. E - intervistata da Nicola Porro a Quarta Repubblica - sceglie intenzionalmente di muoversi con estrema prudenza sullo scontro tra Matteo Salvini e il Quirinale che tiene banco su giornali, social e tv ormai da oltre ventiquattro ore. Una querelle nella quale l'opposizione sta provando a tirarla dentro da domenica, chiedendole di prendere pubblicamente le distanze dal suo vicepremier. Così, Meloni non entra nel merito della vicenda (su cui evidentemente non può che essere in disaccordo con il leader della Lega) e si limita a dirsi «molto contenta» che «Salvini abbia chiarito», perché «era importante farlo», particolarmente nella giornata del 2 giugno in cui «bisogna evitare il più possibile le polemiche».

Niente altro, perché l'immagine di una maggioranza che si muove in ordine sparso su un tema così delicato come il rapporto tra il governo e il Colle va maneggiato con cura, anche perché - dirà parlando del premierato - c'è «un tentativo di tirare» Sergio Mattarella «nell'agone politico» e «raccontare presunte divergenze» tra esecutivo e Quirinale. Ed è chi si adopera in questo senso a «mancare di rispetto» al capo dello Stato. A quattro giorni dal voto, insomma, la priorità è sedare l'incendio nel modo più discreto possibile. E così, anche per la presunta insofferenza del ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti, derubricata a «desiderio di alcuni giornali». Il titolare di via XX Settembre, assicura, non ha alcuna intenzione di lasciare, tanto che ha «smentito». Sul punto la premier è netta e non potrebbe essere altrimenti. Che Giorgetti sia preoccupato dalle esigue risorse a disposizione per la prossima finanziaria, in verità, non è un mistero da tempo, perché il ministro ne parla apertamente in quasi tutte le riunioni che si tengono al Mef. Così come non è un segreto il fatto che non disdegnerebbe un incarico come commissario Ue. Ma è del tutto evidente che il suo malcontento non può che nuocere all'immagine del governo, soprattutto a quattro giorni da un voto così importante.

Già, perché le elezioni Europee di sabato e domenica saranno il primo verso test di midterm sul gradimento di un esecutivo che si è ormai insediato diciannove mesi fa. E Meloni punta a non prendere un voto di meno delle Politiche, quando Fdi arrivò al 26%.

A Quarta Repubblica, dunque, c'è spazio anche per i toni più consoni alla campagna elettorale, con Meloni che torna su alcuni dei «cavalli di battaglia» delle ultime settimane. Dal saluto a Caivano al governatore Vincenzo De Luca, alla polemica su «TeleMeloni» e la «Rai pluralista», fino agli affondi contro Lucia Annunziata, Roberto Saviano e Antonio Scurati. Poi ribadisce la «preoccupazione» per il «clima che si sta creando contro di me» con «il racconto del mostro». Ricorda di nuovo che lo spitzenkandidat dei socialisti Nicolas Schmit ha definito i Conservatori di Ecr una «forza non democratica» e torna a chiedere a Elly Schlein di dire se è o no d'accordo. «Se non sono democratica, cosa sono? Un dittatore? E allora facciamo la lotta armata per depormi?». Poi, alla segretaria dem, rifila una stoccata sul 2 giugno. «Alla parata - dice - non ho visto nessun leader dei partiti di sinistra, né Schlein né Giuseppe Conte. Ma magari non gli ho visti io, nel caso me ne scuso».

Si replica questa mattina, quando la premier è attesa negli studi della Rai per partecipare ad Agorà. Poi alle 11.30 il Consiglio dei ministri che dovrebbe dare il via a due provvedimenti - un decreto e un disegno di legge - per ridurre le liste di attesa che affliggono la sanità (ma resta il nodo della definizione delle risorse).

Domani, invece, Meloni è attesa in Albania per una visita lampo a Shengjin, 70 chilometri a nord di Tirana, dove sorgerà uno dei centri di accoglienza frutto del protocollo d'intesa firmato con Edi Rama lo scorso novembre.

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