«L'Italia è tornata a correre. Nel governo troviamo sempre la sintesi». Se il Centro è il luogo politico in cui si trova una mediazione e si esercita l'arte del compromesso, l'assemblea nazionale di Noi Moderati è il luogo ideale in cui smussare i toni e tornare a esercitare l'armonia.
All'Hotel Marriott di Roma è il giorno dei leader di Fratelli d'Italia, Lega e Forza Italia che dal palco e in collegamento ribadiscono l'unità dell'esecutivo, minimizzando le contrapposizioni degli ultimi giorni e ribadendo che si può essere diversi, difendere le proprie idee, ma al contempo sentirsi davvero parte di una coalizione. Contrapposizioni venute allo scoperto in Senato la scorsa settimana con le scintille su due emendamenti, il primo sul canone Rai, caro alla Lega e il secondo sulla sanità calabrese, voluto da Forza Italia. Ma ora l'incidente è chiuso ed è tempo di serrare le file.
È Giorgia Meloni ad aprire le danze con un messaggio chiaro: «La nostra coalizione è composta sì da forse politiche diverse, ognuna ha la sua identità e la sua storia che sono un valore aggiunto e ciò che ci rende forti e coesi è la volontà, la voglia di stare insieme, che è quello che ci consente di fare sempre sintesi e di trovare un punto di incontro», dichiara la premier, «siamo uniti dalla stessa visione del mondo di fondo, crediamo negli stessi valori, abbiamo idee compatibili e intendiamo portare avanti fondamentalmente gli stessi progetti». La presidente del Consiglio riconosce il ruolo degli alleati di centro. «Noi Moderati è un pezzo fondamentale della maggioranza di centrodestra». Poi aggiunge: «Noi vogliamo affrontare i problemi della nostra nazione, fare le riforme che l'Italia aspetta da sempre, quelle riforme delle quali si è discusso per decenni, ma che poi alla fine non sono mai diventate realtà. Vogliamo scardinare quelle rendite di posizione che impediscono alle nostre migliori energie di liberare il loro potenziale. Vogliamo costruire una visione di sviluppo e di crescita di medio e lungo periodo per questa nazione. Vogliamo una strategia per questa nazione». Per poi concludere: «Tutto questo ci tiene insieme da 30 anni a questa parte e ci ha permesso in questi primi due anni di governo di raggiungere risultati inaspettati, di invertire quel declino al quale l'Italia sembrava ormai destinata. L'Italia è invece tornata a correre, la crescita del Pil. I numeri eccezionali sull'occupazione, mai così alta dai tempi dell'Unità d'Italia, la ritrovata fiducia degli investitori, la performance del nostro export che ci ha permesso di diventare per la prima volta la quarta nazione esportatrice al mondo».
C'è anche Matteo Salvini che si incarica di mettere via le scorie e assicurare che le divergenze di vedute non si tramuteranno mai in una crisi di governo. «Questo è un governo in cui credo, che arriverà fino al 2027 nonostante il voto contrario su questo o quell'emendamento. L'obiettivo è comune e c'è bisogno di tutte le forze della coalizione, che hanno radici diverse e culture politiche diverse». Così come rasserenanti risuonano le parole di Antonio Tajani: «Vi siete fissati con le divisioni, un'idea non è una divisione. Un'idea è un'idea. Avere opinioni diverse è normale e giusto, poi si fa la sintesi. Non si illuda nessuno che ci siano delle divisioni profonde dentro questo governo. Andremo avanti fino alla fine della legislatura, se ne facciano una ragione. È inutile cercare divisioni che non esistono». Con una missione di fondo: allargare i confini del centrodestra e andare a cercare consensi fuori dalla coalizione.
«Il nostro compito è quello di allargare i confini del centrodestra, non tocca a noi andare a cercare voti tra FdI o Lega per avere mezzo punto in più, il nostro obiettivo è creare la grande famiglia rassicurante nel nostro Paese. Noi dobbiamo andare a occupare quello spazio enorme tra Giorgia Meloni e Elly Schlein, e non è una questione di bandierine».
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