La Meloni non è la Thatcher

Il senatore di Iv scrive al direttore del Giornale in merito al proprio intervento durante l'informativa del governo sul caso Almasri. La risposta di Sallusti

La Meloni non è la Thatcher
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Caro direttore,
nel suo editoriale di ieri Lei definisce «teatrino da avanspettacolo, cioè mediocre e di scarsa qualità», il mio intervento. E critica la «sequenza di insulti e battute da osteria nei confronti della premier Meloni».

Chi ha seguito il dibattito sa che il vero insulto è stato quello di Giorgia Meloni che ha scelto di non presentarsi in Aula. Non è tipico di una leader come la nostra premier fuggire, scappare, disertare. Meloni è diventata la Meloni proprio sul campo di battaglia, rispondendo colpo su colpo e confrontandosi con tutti.

Ieri però è fuggita, perché la sua narrazione fa acqua da tutte le parti.

Il criminale libico Almasri ha violentato bambini, torturato donne, ucciso innocenti.

La Digos lo ha arrestato a Torino, perché le nostre forze dell'ordine sono eccezionali. E vanno ringraziate specie quando la politica le umilia scarcerando criminali che i poliziotti catturano. Meloni aveva giurato ad Atreju che avrebbe dato la caccia ai trafficanti di uomini: la vicenda del generale libico dimostra che lei non dà loro la caccia, ma dà un aereo di Stato per tornare a delinquere. Dopo questa vicenda Meloni non ha più credibilità nel parlare di immigrazione e di lotta ai criminali.

Perché abbiamo liberato il criminale libico?

Per un cavillo giuridico, dice Nordio.

Per non averlo in Italia, dice Piantedosi.

Entrambi mentono.

C'è un solo motivo per il quale si può scarcerare Almasri: l'interesse nazionale. E l'unica che può giustificare l'interesse nazionale è la premier. Meloni avrebbe dovuto dire: lo scarceriamo per gestire l'immigrazione o per tutelare i pozzi Eni in Libia o per proteggere i connazionali all'estero. O per qualsiasi altro motivo che la premier solo la premier può decidere. Questo può essere l'interesse nazionale. Oppure la premier poteva mettere il segreto di Stato.

Invece Meloni non è venuta, non ha messo segreto di stato, non ha spiegato l'interesse nazionale, non ha accettato il confronto. Ecco perché l'ho definita vile. Non è un insulto, purtroppo, è l'amara verità. Vile è chi fugge, sempre. Quanto ai personaggi di Pinocchio che ho citato. Il libro di Collodi è bellissimo. Un grande uomo culturalmente di destra quale il Cardinal Giacomo Biffi scrisse tanti anni fa un delizioso commento «Contro Maestro Ciliegia»: va riscoperto il fascino delle Avventure di Pinocchio. Mentre parlavano Nordio e Piantedosi mi sembravano il Gatto e la Volpe, io sembravo il grillo parlante, La Russa Mangiafoco. E ho pensato che la Meloni ci sta portando tutti nel Paese dei Balocchi. Dove non si parla di cose serie (stipendi, pensioni, liste d'attesa, dazi americani) ma si crede a ciò che ci fanno credere e alla fine ci trasformiamo tutti in somari. Il personaggio che guida il carro verso il Paese dei balocchi si chiama Omino di Burro. Mi ha fatto sorridere pensando che è l'esatto opposto di ciò di cui avremmo bisogno. E di cui avrebbe bisogno la destra. La Thatcher era una lady di ferro, la Meloni un omino di burro. Peccato, avremmo avuto bisogno di un capo del governo capace di parlare con un linguaggio di verità.

E invece quelli di Meloni sono silenzi imbarazzati. Tipico di quelli come l'Omino di Burro.

Mi spiace fare la parte del Grillo Parlante. So che è la figura più antipatica. Ma meglio essere antipatico e dire la verità che essere simpatico raccontando bugie.

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