Meloni: "Samp-T per Kiev". I dubbi su Ursula e Orbán

Linea ultra-atlantista della premier nonostante Salvini. Il fronte Sud. Tajani: Patrioti irrilevanti. Il timore mercati

Meloni: "Samp-T per Kiev". I dubbi su Ursula e Orbán
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Nella hall dell'ormai quasi centenario hotel St. Regis si affollano diplomatici e militari della corposa delegazione italiana presente a Washington per il 75esimo vertice Nato. La questione Ucraina è ovviamente al centro dei ragionamenti di molti dei presenti, compresi Antonio Tajani e Guido Crosetto, rispettivamente ministri di Esteri e Difesa. Con la premier Giorgia Meloni pronta a ribadire che «l'Italia continuerà a fornire a Kiev i sistemi anti-missile Samp-T», confermando l'impegno a portare le spese in Difesa all'obiettivo Nato del 2% entro il 2028 (o anche prima se l'Ue consentirà di scorporarle dal Patto di stabilità). Quando in Italia è ormai tarda sera - nella sala Nac, dove per accedere anche i 32 leader dei Paesi Nato devono lasciare fuori i loro cellulari - Meloni tiene il suo intervento davanti all'Alleanza. Conferma il suo posizionamento filo-atlantico «senza se e senza ma», ribadisce il sostegno a Kiev e l'obiettivo del 2% del Pil e infine sottolinea l'importanza del «fronte Sud», perché «il Mediterraneo è un quadrante strategico per l'Ue e per la Nato». Non a caso, l'Italia si è spesa per riconoscere un inviato speciale Nato per il Sud (e per la nomina sono in corsa Roma e Madrid).

In molti conciliaboli del St. Regis, però, aleggiano anche preoccupazioni più strettamente europee e italiane. Le prime sono legate al destino di Ursula von der Leyen, che giovedì passerà per le forche caudine del Parlamento Ue. Un appuntamento delicato per diverse ragioni, tra cui il fatto che ancora non è chiaro come voteranno i 25 eurodeputati di Fratelli d'Italia. Tajani ribadisce il «sì» di Forza Italia, ma si guarda bene da invadere il campo alleato. «Cosa farà FdI dovete chiederlo a Crosetto...», dice indicandolo con il dito. E il ministro della Difesa, come è inevitabile che sia, butta la palla in tribuna: «Non a me, dovete chiedere a Giorgia...». In realtà, non è un segreto che Tajani abbia consigliato la premier di sostenere il bis di Ursula, come pure - sempre in privato - avrebbe fatto Crosetto. Meloni, in verità, ancora non ha sciolto la riserva e solo martedì a Strasburgo il gruppo di Ecr incontrerà von der Leyen. Qualcuno, però, inizia a pensare che la premier potrebbe anche optare per una posizione interlocutoria, astenendosi o lasciando formalmente libertà di voto (che sarà a scrutino segreto). Anche per evitare, in caso di voto contro, che i Conservatori di Ecr finiscano per fare blocco per il «no» insieme ai Patrioti di Viktor Orbán e Marine Le Pen e all'ultra destra di Ens, il gruppo tenuto a battesimo proprio ieri dai cripto-nazisti tedeschi di Afd. È una galassia, infatti, da cui Meloni vuole tenersi lontano, ben consapevole di quanto i due gruppi siano incompatibili che una destra che vuole essere di governo.

Ma c'è anche un fronte italiano che tiene banco nei ragionamenti della delegazione italiana. Ed è legato al rapporto tra la Lega di Matteo Salvini e i Patrioti, molto sensibili alle ragioni di Mosca e contrari al sostegno militare a Kiev. Sia Tajani che Crosetto, in verità, glissano sulle perplessità del leghista, con il secondo che sottolinea come alla fine, nel momento dei voti, la Lega non si sia mai sottratta. Però è un fatto che l'attivismo di Salvini - e ancor più quello di Orbán in chiave filo Putin - sia motivo di preoccupazione a Palazzo Chigi. Non è un caso che Bruxelles e Strasburgo abbiano alzato un cordone sanitario intorno ai Patrioti, che - a differenza di Ecr - non avranno alcuna presidenza o vicepresidenza di Commissione. Così come non avrà vita facile il commissario ungherese quando passerà il vaglio del Parlamento. «Mi spiace se Salvini se la prende, ma - dice Tajani - dopo il voto su Ursula e chiuso il semestre ungherese, i Patrioti conteranno zero».

Sempre in chiave interna, invece, resta sullo sfondo il timore che

l'instabilità politica della Francia possa provocare reazioni sui mercati e un aumento dello spread. Che colpirebbero sì Parigi, ma avrebbero ripercussioni pesanti anche in Italia, campione d'Europa in quanto a debito pubblico.

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