Bruxelles. La prima europea di Giorgia Meloni va in scena a Bruxelles in tre atti. Tre incontri in sequenza, ognuno a suo modo importante, con i vertici delle istituzioni comunitarie, rientrati per l'occasione in una città semi-deserta per la cosiddetta «settimana verde», quella in cui i parlamentari europei posso dedicarsi ai loro collegi elettorali e tutti i Palazzi delle istituzioni europee si svuotano completamente.
Il primo atto - protagonista la presidente del Parlamento Ue, Roberta Metsola - è quello più lineare, politicamente centrale in vista di un futuro riallineamento delle grandi famiglie europee, con l'obiettivo di saldare ancora di più l'intesa tra Ppe e Ecr. Il secondo - quello con Ursula von der Leyen - è certamente il passaggio più delicato, in cui il premier italiano è costretto a sbattere contro il muro della presidente della Commissione, poco propensa a concessioni che non siano «evidentemente minimali» sia sul Pnrr che sul delicatissimo dossier energetico. Un secondo atto, iniziato mezzora dopo l'orario inizialmente previsto a causa di un ritardo aereo di von der Leyen. Dopo il Parlamento e la Commissione, per il terzo atto ci si sposta di pochi passi, al Palazzo del Consiglio Ue. E il faccia a faccia con il presidente Charles Michel è certamente più semplice dell'incontro precedente. I due hanno sensibilità diverse su diversi temi, ma è evidente il tentativo di conoscersi e creare un canale di dialogo per gli anni a venire. Non a caso, i restano a cena insieme. Non prima che Meloni si conceda ai giornalisti per quello che a Bruxelles viene definito con una certa pomposità il doorstep (a Roma più banalmente chiamato «mucchione»). È questa l'unica occasione pubblica del premier, che fa il punto della giornata, guardando - come è giusto che sia - il successo di una visita a suo modo storica. Perché è di tutta evidenza che solo qualche anno fa nessuno avrebbe mai immaginato di vedere Meloni ricevuta da von der Leyen e Michel. Un deciso cambio di paradigma, tanto che è la stessa leader di Fdi a dirsi «contenta» del clima che ha trovato. «Non siamo dei marziani, ma persone in carne e ossa. E - spiega - parlarsi direttamente aiuta a smontare la narrazione che si è fatta sulla sottoscritta e sul governo italiano».
E non c'è dubbio, seguendo Meloni sul parallelo con gli extraterrestri, che il «primo contatto» di ieri abbia comunque fatto registrare un avvicinamento. Certamente più importante con Metsola, perché l'idea è quella di saldare l'asse tra Ppe e i Conservatori di Ecr - che già lo scorso gennaio hanno contribuito a farla eleggere presidente del Parlamento Ue - in vista delle europee di maggio del 2024. Tra la corposa pattuglia polacca e quella italiana guidata da Meloni, infatti, Ecr potrebbe essere un alleato prezioso per dar vita al nuovo governo europeo. Decisamente più ostico, invece, l'incontro con von der Leyen. La presidente della Commissione, non è un mistero, è sensibile alle ragioni di Berlino e non vede di buon occhio la posizione italiana. Le criticità sono diverse (ma su Kiev l'intesa è totale), anticipate a Meloni dal commissario Ue alla Concorrenza, Paolo Gentiloni, durante un pranzo nella residenza del rappresentante italiano presso l'Ue, Pietro Benassi. Non è un caso che sia la stessa Meloni a definire «franco» il colloquio con i vertici delle istituzioni europee. Sulla modifica del Pnrr e su un nuovo Recovery energetico, infatti, i margini di manovra sono strettissimi. Ancora di più lo sono sulla questione immigrazione, tanto che ieri Meloni ha parlato della «difesa dei confini esterni» dell'Ue come di una vera e propria «priorità». Senza accennare alla questione di un'eventuale redistribuzione dei migranti arrivati in Italia, perché i nostri flussi non sono considerati numericamente preoccupanti di fronte all'est Europa che si sta facendo carico dell'enorme massa di rifugiati ucraini (4 milioni in Polonia, 2 milioni in Ungheria).
Per Meloni, comunque, il bilancio della giornata è positivo («siamo partiti bene», dirà a sera appena salita sull'aereo che la riporta a Roma). Si è preparata per giorni a Palazzo Chigi, con il ministro degli Affari europei Raffaele Fitto a spiegargli uno per uno i diversi dossier sul tavolo. E ieri, quando è entrata nel Parlamento Ue sfrecciando sul tappeto rosso che porta agli ascensori, l'emozione del premier era palpabile.
Tanto dal doverla stemperare con qualche battuta di circostanza, proprio durante il primo saluto con Metsola. «Fa freddo quì», sorride Meloni prima di una digressione sui «tacchi» che non favoriscono l'equilibrio. Un modo per rompere il ghiaccio. E dare il là alla sua prima europea.
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