Memoria negata ai martiri del comunismo. Il nuovo premier sloveno cancella la Giornata

Il governo sbianchetta il ricordo dei crimini di Tito: uno schiaffo agli esuli

Memoria negata ai martiri del comunismo. Il nuovo premier sloveno cancella la Giornata
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Ci sono totalitarismi di serie A (fascismo e nazionalsocialismo) e uno di serie B (il comunismo). Quest'ultimo, nonostante rappresenti il sistema più atroce di repressione politica del XX secolo, viene ancora idolatrato da molti. E quando si fanno notare i crimini della rivoluzione bolscevica o di Stalin, si ottiene un'unica risposta: lì il comunismo non è stato applicato correttamente. E che dire di Pol Pot? Anche quello non era comunismo vero. La Cina? Si tratta di un'altra cosa. Cuba? Un sogno. La Jugoslavia di Tito? Il paradiso in terra, solo che noi poveri mortali non siamo riusciti a comprenderlo.

Ancora oggi, il comunismo è visto, se non con favore, almeno con accondiscendenza da molti. Si è insomma disposti a chiudere un occhio, molto spesso anche due, davanti a cento milioni di morti uccisi, più o meno direttamente, dai rossi.

Eppure, il Parlamento europeo è stato chiaro: nazionalsocialismo e comunismo sono pari in atrocità. Due facce della stessa medaglia: quella di uno Stato totalitario disposto a tutto pur di imporsi. In Slovenia, parte di terra che un tempo fu Jugoslavia, non si può ancora parlare dei crimini di Tito. Ci aveva provato lo scorso anno il premier Janez Jana, che aveva elevato il 17 maggio a Giornata nazionale della memoria delle vittime della violenza comunista da parte del Governo di Lubiana sloveno. Come fa sapere l'Unione degli istriani, però, il nuovo premier Robert Golob ha deciso di abolirla, «con la patetica scusa del mancato coinvolgimento della popolazione in un dibattito adeguato all'atto della decisione del precedente esecutivo». Una battaglia, quella dell'Unione, fatta anche perché molto spesso le vittime del comunismo slavo sono stati proprio gli italiani, considerati fascisti anche quando non lo erano. Una storia a parte, che merita di esser raccontata, è quella dei cosiddetti «monfalconesi», quei comunisti rimasti fedeli all'Unione sovietica che furono sbattuti da Tito nel carcere a cielo aperto di Goli Otok. Lì l'obiettivo non era quello di ammazzarli, ma di rieducarli attraverso metodi disumani. Un vero e proprio girone dantesco, così descritto da uno degli internati che aveva avuto la sfortuna di provare anche i campi di concentramento nazionalsocialisti: «Meglio un mese a Dachau che un giorno a Goli Otok».

Un solo colpo di penna è bastato al governo sloveno per cancellare quella che dovrebbe essere una data in grado di unire tutto

il Paese. La commissione governativa, infatti, ha già individuato oltre 750 fosse che conterrebbero almeno 135 vittime ciascuna. Una foiba ogni 27 chilometri. Morti senza volto, ma con una storia. Ancora oggi cancellata.

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