Enrico Mentana, si sa, non ha mai amato la «contraerea ideologica» messa in campo contro chi ha vinto legittimamente le elezioni. Né ha mai dimostrato di credere molto ai martiri catodici e alle vittime televisive, cadute sotto i colpi dell'occupazione e della censura. E così, per il secondo anno consecutivo, al Festival della Tv di Dogliani decide di nuotare controcorrente rispetto a una certa narrazione mainstream.
Se lo scorso anno la stoccata era stata rivolta verso coloro che erano passati a Discovery - «Chi lascia la Rai farebbe bene ad evitare di voler passare da martire, perché non esiste alcun diritto inalienabile a dover essere sempre in onda» disse allora - quest'anno nella stessa sede Mentana dice la sua sul caso Scurati. E lo fa smentendo la tesi della grande censura. «Scurati? Probabilmente un dirigente scemo ha deciso di non pagarlo e lui non c'è più andato. L'orazione di Scurati è stata letta e pubblicata da tutti, compresa la trasmissione in cui doveva andare in onda. Se queste sono le censure siamo liberissimi», fa notare il giornalista. «Sin quando» la Rai sarà in mano ai partiti, quelli che vincono cercheranno di esercitare la loro 'egemonia'», ricorda Mentana che aggiunge: «L'occupazione della destra non è diversa delle occupazioni passate. Bisogna essere vigili perché io non sottovaluto mai i rischi per la libertà, ma questa è garantita non solo dalla Costituzione, ma anche da chi fa informazione. La libertà ce la garantiamo noi. I giornalisti sono difensori della loro stessa libertà. La cosa del controllo dell'informazione piace all'opposizione, ma la gente ragiona con la propria testa, la gente non è scema. La prova è che chi ha controllato la Rai, dal 1994, ha sempre perso le elezioni». Il direttore torna sul caso del mancato duello televisivo tutto al femminile per le Europee. «Il confronto Schlein-Meloni? Io lo avrei condotto volentieri. Per il 6 e 7 giugno ho invitato tutti i leader. Io non escludo che si faccia. L'errore di base è stato aspettare la par condicio». In ogni caso Mentana si dice convinto che i confronti finali «non spostano voti». E se da una parte non sposa l'idea della premier Giorgia Meloni di scrivere solo «Giorgia» sulla scheda per le elezioni europee, dall'altra non reputa il possibile referendum costituzionale sul premierato come una missione impossibile. «La va o la spacca della Meloni sul premierato? Ricorda la sfida di Renzi del 2016. Renzi non aveva fatto i conti con la sua opinione pubblica, per Meloni, invece, la battaglia è più contendibile». Mentana parlato anche del suo futuro in tv, essendo il suo contratto con La7 in scadenza a fine anno. «Non c'è la fila di gente che mi chiede sei libero?'. Si è parlato tanto della Nove, vedrò l'amministratore delegato Araimo oggi per la prima volta. Mai avuto nessun contatto», ribadisce. «Con Rai e Mediaset ho contatti perché ci lavoro tantissimo. Ho lavorato benissimo a La7. Il 15 gennaio compio 70 anni, il mio futuro è ai giardinetti».
E scherzando conclude facendo balenare l'ipotesi di una possibile offerta (con il pensiero di molti che va verso Discovery): «O rinnovo, o vado ai giardinetti. Oppure se arriva il principe azzurro che mi offre mille miliardi e mi lascia libero ci faccio un pensiero».
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