Sugli ostaggi qualcosa si muove. Lo dimostrano il rinvio dell'operazione di terra a Gaza e i criptici, ma inediti scambi di messaggi tra Gerusalemme e quel Qatar che Israele considerava fino a ieri il padrino occulto di Hamas. Da ieri, però, tira tutt'altra aria. A riscaldare l'atmosfera ci pensa il premier del Qatar Mohammed bin Jassim Al-Thani annunciando una «svolta» nei negoziati e la possibile «imminente liberazione di altri ostaggi» detenuti da Hamas. Parole seguite dalla condanna delle «alte cariche israeliane pronte a biasimarci». Come dire, se continuate a dipingerci come gli sponsor del terrorismo non andremo lontano.
La risposta arriva poche ore dopo grazie ad un tweet di Tzachi Hanegbi, il Consigliere per la sicurezza nazionale israeliano conosciuto, fino a ieri, come un falco del Likud. Stavolta, però, i toni sono da colomba. «Mi compiaccio di dire che il Qatar sta diventando un elemento essenziale e una parte in causa nella agevolazione di soluzioni umanitarie», scrive Hanegbi sottolineando l'importanza cruciale degli «sforzi diplomatici del Qatar». Parole in cui molti leggono il segnale di un nuovo, imminente, rilascio di ostaggi. Ma in cambio di cosa? A questo pochi sanno rispondere. Fino a ieri i leader di Hamas proponevano la liberazione degli ostaggi con passaporto straniero e di un certo numero di donne e bambini in cambio della fine degli attacchi a Gaza. Ostaggi stranieri che sono più della metà (138) dei circa 220 tenuti da Hamas. Provengono da 25 Paesi diversi, tra cui 54 cittadini thailandesi più 15 argentini, 12 tedeschi, 12 americani, 6 francesi e 6 russi.
Ieri il Jewish News, un sito della comunità ebraica in Gran Bretagna, ipotizzava il rilascio di tutti i prigionieri in cambio della fine dell'assedio alla Striscia e di un salvacondotto capace di assicurare l'uscita da Gaza dei capi di Hamas e delle loro famiglie. Le rivelazioni della testata anglo-ebraica non sembrano tener conto delle contrapposte esigenze. Per Hamas i militari israeliani detenuti nella Striscia rappresentano un bene inestimabile utile sia per fermare l'avanzata su Gaza, sia per garantirsi una possibile vittoria politica. I conti di Hamas si basano sui 1.026 prigionieri liberati da Israele nel 2011 in cambio del soldato Gilat Shalit. Sulla base di quel precedente i militari rapiti potrebbero venir scambiati con le migliaia di prigionieri palestinesi detenuti in Israele. Un risultato che Hamas potrebbe rivendersi come indiscusso successo. Anche perché in attesa dello scambio finale gli ostaggi verrebbero usati come scudi umani per fermare l'avanzata israeliana.
D'altra parte un governo israeliano - già sotto accusa assieme a esercito e intelligence per non aver saputo proteggere i propri cittadini - non potrà mai permettersi di garantire salvacondotti a chi ha le mani sporche del sangue di 1.400 ebrei.
Dunque poche illusioni. A breve la trattativa porterà, probabilmente, alla liberazione di alcuni prigionieri, ma per la gran parte degli ostaggi - e per tutti i palestinesi di Gaza - la fine della tragedia resterà assai lontana.
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