Migliaia di cattedre vuote. La carenza dei docenti che da anni è la piaga della scuola quest'anno con l'emergenza Covid rischia di far saltare letteralmente il banco. A denunciare che neppure la chiamata veloce risolverà il problema dei docenti che mancano è la Uil scuola. «I numeri disegnano una realtà diversa da quella attesa: in quasi tutte le regioni, al netto delle immissioni in ruolo già fatte e delle domande per la chiamata veloce, resteranno migliaia di posti da coprire», denuncia il sindacato.
In Lombardia al momento ci sono almeno duemila insegnanti di sostegno in meno rispetto al fabbisogno. Una mancanza preoccupante anche alla luce delle maggiori difficoltà che potrebbero incontrare gli studenti disabili in un contesto di emergenza. Ma i buchi in organico si registrano ovunque. In Campania resteranno vuoti quasi la metà dei posti messi a disposizione: oltre 2.500 sui 4.600 autorizzati. Qui sono ancora senza titolare 414 cattedre di italiano, 309 di matematica nella scuola secondaria di I grado, 139 di matematica e fisica nella scuola superiore. E ancora in Emilia Romagna resteranno vuoti 563 posti di italiano, 483 di matematica nella scuola secondaria di primo grado e 619 sul sostegno al primo grado. In Puglia 250 cattedre vuote di matematica e 264 di sostegno alle scuole medie di primo grado.
Un deterrente molto forte per i docenti appena assunti è che per 5 anni è preclusa la mobilità. Insomma se da Napoli ci si sposta a Milano si dovrà restare lì per i prossimi 5 anni.
«Non saranno i banchi a fare la differenza ma le persone. In definitiva, la call veloce, che poteva rivelarsi come strumento utile ed interessante fuori da un quadro programmatico di insieme, rischia di rimanere solo una buona idea , avulsa da politiche del personale in grado di dare risposte che uniscano e non dividano l'intera platea dei precari», sottolinea il segretario generale Uil scuola, Pino Turi.
In attesa della ripresa delle lezioni (che per Abruzzo, Basilicata, Calabria, Puglia e Sardegna slitterà al 24 settembre) da ieri molte scuole hanno riaperto i battenti convocando i collegi docenti e in teoria per i corsi di recupero. Ma sono molte quelle che hanno scelto di farli partire parallelamente alla ripresa delle lezioni, ovvero non prima del 14 settembre. Anche in questo caso i sindacati evidenziano due criticità. La prima è il rientro in classe dei docenti fragili ai quali non sarebbe stata data sufficiente tutela. E poi la questione economica ovvero il mancato compenso per le attività concernenti i piani individuali e integrativi per gli studenti con debito. Il sindacato Anief respinge l'interpretazione del ministro dell'Istruzione, Lucia Azzolina, che le considera «attività ordinaria» non prevedendo alcun compenso per i docenti coinvolti. Una decisione che ha provocato la levata di scudi dei sindacati. Risultato? I corsi di recupero inizieranno per molti insieme alle lezioni come integrazione dell'attività di docenza ordinaria.
Infine il rischio che mezzo milione di alunni della primaria resti escluso dal tempo pieno. La rivista specializzata Tuttoscuola stima che a Milano, dove nel 2019-20 gli alunni in classi a tempo pieno nella scuola primaria sono stati 122.130 (ovvero il 94 per cento del totale), nell'ipotesi peggiore saranno 61mila gli alunni privati del tempo scuola con conseguenti disagi per altrettante famiglie. Nella migliore almeno 30 mila alunni.
A Roma, dove gli alunni che si avvalgono del tempo pieno sono 124.
819 (72 per cento del totale), nella peggior ipotesi si dovranno accontentare del tempo normale in 62.500; se fosse declassato un quarto sarebbero 31 mila gli esclusi da tempo pieno.Per tutti gli istituti in mancanza di spazi adeguati il piano B è lo stesso: didattica a distanza.
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