Quattro volte in un anno. È il novero, non trascurabile, dei viaggi di Giorgia Meloni in Tunisia. L'ultimo si è concluso ieri ed ha visto la presidente del Consiglio accompagnata dal ministro dell'Interno Matteo Piantedosi, da quello della ricerca scientifica Anna Maria Bernini e dal viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli. Per capire il perché di una così assidua frequentazione con il Presidente Kais Saied ed il suo esecutivo bisogna tornare al Consiglio dei Ministri del 15 febbraio. In quella sede la premier spiegò che i rapporti tra Roma e Tunisi non possono limitarsi al blocco dei migranti. Un fronte su cui la Tunisia è peraltro un partner prezioso con all'attivo il fermo - solo quest'anno - di 40mila irregolari. Ma la Meloni è convinta che la contropartita non possa basarsi solo su pagamenti in denaro o forniture di motovedette. «Per questo - ha ricordato la premier dopo l'incontro con il presidente Kais Saied - va rafforzata la cooperazione vogliamo coinvolgere le organizzazioni internazionali, lavorare sui rimpatri e soprattutto sui flussi regolari». Per spiegare questo metodo di lavoro Giorgia Meloni usa il paragone di Caivano. La sicurezza di quel Comune non è stata garantita solo dal dispiegamento di polizia e carabinieri, ma anche da operazioni di risanamento territoriale e ambientale. La stessa ricetta deve garantire il risanamento di nazioni come la Tunisia e la Libia afflitte, non solo dalla piaga dell'immigrazione, ma anche dal dissesto economico e dalla crisi politica innescati dalle primavere arabe. La relazione con Tunisi diventa dunque «un tassello del lavoro che l'Italia porta avanti con il Piano Mattei». La presenza a Tunisi di Matteo Piantedosi, Anna Maria Bernini e Edmondo Cirielli rappresenta la realizzazione di quella visione. Piantedosi oltre a coordinare con gli omologhi tunisini la lotta «agli schiavisti del terzo millennio» è chiamato a garantire l'arrivo in Italia di 12mila lavoratori tunisini. Che - grazie ad un corso di formazione coordinato da Sviluppo Lavoro Italia e dall'Agenzia per l'impiego di Tunisi potranno venir assunti nel nostro paese.
La Bernini da parte sua ha siglato un Memorandum d'Intesa nell'ambito della ricerca scientifica. Cirielli ha firmato, invece, tre intese da 50 e passa milioni nel settore dell'energia rinnovabile e dell'efficienza energetica. «L'energia - ha spiegato la premier - è una delle materie sulle quali la cooperazione tra Italia e Tunisia deve continuare a rafforzarsi». Ma ieri è stata anche garantita anche una linea di credito di 55 milioni di euro alle piccole e medie imprese tunisine in rapporti con l'Italia. E nelle prossime settimane altri accordi, nei settori di reciproca competenza, verranno firmati - durante nuove trasferte a Tunisi - dal ministro della Difesa Guido Crosetto, da quello della Cultura Gennaro Sangiuliano e dal ministro dell'Istruzione Giuseppe Valditara. Insomma la cooperazione iniziata con la lotta ai trafficanti di uomini si va velocemente estendendo ad altri settori. Un particolare che non piace affatto ai sostenitori dell'accoglienza senza limiti.
Non a caso le associazioni pro-migranti hanno presentato un ricorso al Tar chiedendo il «blocco del finanziamento da 4 milioni e 800mila euro per il trasferimento di 6 motovedette alla Garde National di Tunisi». Dimenticando che la lotta ai trafficanti di uomini è ormai solo una parte della relazione tra Roma e Tunisi.
Una relazione che Giorgia Meloni vuole trasformare in una solida alleanza nel cuore del Mediterraneo. E la Ong tunisina, Ftdes, ha subito organizzato una mobilitazione sotto l'ambasciata d'Italia a Tunisi per protestare contro i rimpatri.
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