L'Italia è troppo vulnerabile sul fronte delle infrastrutture informatiche. E deve prendere consapevolezza che la minaccia, criminale o terroristica che sia, oggi passa attraverso i nuovi strumenti digitali e prepararsi al meglio per contrastare gli attacchi cyber. Alla Festa di Atreju, intervistati dal direttore del Foglio Claudio Cerasa, salgono sul palco il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, e Lorenzo Guerini, presidente del Copasir e deputato di un partito, il Pd, che con la sua segretaria ha deciso di non partecipare all'evento. Mantovano tratteggia un quadro complesso, in cui l'allarme deve restare alto, senza per questo cedere all'allarmismo. «Se parliamo di sicurezza reale, oggi non c'è dubbio che la minaccia più forte sia quella degli attacchi cyber. Bisogna elevare il livello di consapevolezza del rischi perché noi oggi nella media siamo portati a comportarci come i nostri nonni 40 anni fa con le proprie case. Partivano dal presupposto che mai qualcuno sarebbe entrato nell'abitazione e quindi niente porte allarmi. Invece bisogna lavorare sulla prevenzione». E la capacità di creare danni degli hacker è «elevatissima». Mantovano sottopone alla platea del Circo Massimo un esempio: la visita del presidente Zelensky «accompagnata» da un contemporaneo attacco hacker. «Lì il messaggio era chiaro: siamo in grado di colpirvi, e di colpirvi nel momento in cui vogliamo'». La sicurezza passa naturalmente anche da una gestione responsabile dell'immigrazione, compresa la politica dei centri di accoglienza in Albania. Il sottosegretario alla Presidenza è netto al riguardo: «Quello dei centri in Albania è ancora un discorso in corso d'opera ma certamente si realizzeranno per come sono stati immaginati». Bisogna però fare i conti con gli interventi della magistratura visto che «decisioni giurisdizionali che hanno interessato contesti internazionali come quelle dei centri in Albania hanno affermato il principio secondo cui la scienza privata di un giudice ha un grado di attendibilità superiore a una complessa procedura che interessa più ministeri circa l'identificazione dei Paesi sicuri». La consonanza di posizioni con Lorenzo Guerini, almeno sul lato della minaccia cyber, è evidente: «Se noi dovessimo immaginare oggi un 11 settembre, probabilmente lo immagineremmo sul fronte cibernetico.
Richiede costi minori ma può determinare danni maggiori». Una lettura fatta propria anche dal sottosegretario all'Interno, Wanda Ferro. «Oggi la sicurezza non è più solo spazio, mare, terra, cielo: oggi c'è qualcosa di più insidioso, che si evolve continuamente».
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