È una storia vecchia. La miccia dell'odio di Grillo nei confronti dei giornalisti affonda negli anni. La deflagrazione di due giorni fa, con l'aggressione al giornalista del programma di Paolo Del Debbio, è solo l'ultimo episodio di una guerra mai cessata. Anzi potremmo dire che, nella costellazione dei grillini, l'odio per i cronisti è la sesta stella. Il comico inizia ad attaccare il mondo dell'informazione ancor prima di fondare il suo movimento. Nel luglio del 2008, dal suo storico blog, lancia un'iniziativa delicatissima: «Sputtaniamoli». Il comico suggerisce ai suoi seguaci di inviargli articoli e nomi dei giornalisti incriminati (cioè quelli che osano muovergli una critica) affinché lui possa metterli alla gogna sul web. Siamo solo agli esordi, con il passare del tempo la tecnica si affina e diventa quotidiana con la rubrica «Il giornalista del giorno». Così l'ex comico ha modo di cucinarsi chiunque osi sollevare anche il minimo dubbio. Durante i vari V Day dal palco attacca costantemente i giornalisti e minaccia - una volta giunto al potere - di togliere tutti i fondi statali per l'editoria. L'idea fissa è solo una: far fuori giornali e televisioni. E poi un torrente continuo di insulti: «pennivendoli», «carogne», «servi degli editori». Arriva a proporre persino il confinamento fisico dei cronisti: «Non possono infestare Camera e Senato, vanno disciplinati in appositi spazi esterni». E infatti, coerente con se stesso, al grande raduno dei 5 Stelle del 2017 a Rimini, fa posizionare la sala stampa accanto ai servizi igienici. Durante una diretta web umilia un giornalista di Italpress con una spacconata da comico arricchito: «Quella voce li' la conosco, è di un povero ragazzo frustrato che deve dire che ha sentito una cosa che non ha sentito per 10 euro a pezzo». L'Ordine dei Giornalisti giustamente s'indigna, ma sono talmente tanti gli attacchi che dopo un po' smette pure l'Ordine di indignarsi.
La frase più celebre rivolta ai cronisti è del 2017: «Ma non vi vergognate? Vi mangerei, solo per il gusto di vomitarvi». Una roba da dittatore sudamericano. Pochi giorni dopo, per le strade di Roma, dispensa loro finte banconote da mille euro: «Ora scrivete quello che dico io». Nella sua logica, assolutamente totalitaria, i giornali e le tv sono dei nemici da silenziare, perché esiste una sola gazzetta ufficiale, una bocca della verità dalla quale tutti devono abbeverarsi possibilmente senza fare troppe domande: il suo blog. Dopo dieci anni di insulti e minacce - terminati i fasti di un Movimento 5 Stelle in perenne ascesa ed esaurita la sua influenza sui grillini -, ha deciso di passare direttamente dalle parole ai fatti: buttando giù dalle scale un inviato di Mediaset.
Non è solo una aggressione vigliacca, è la rappresentazione plastica di un leader frustrato (proprio come il freelance di cui sopra) arrivato al capolinea politico. Una triste parabola che, al netto di insulti e spintoni, i giornalisti seguiteranno a raccontare.
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