Nessuna anticipazione sui social, nessun messaggio lasciato ai suoi avvocati, che ancora a pomeriggio inoltrato dicevano di non aver idea di dove fosse. Yulia Navalnaya ha lasciato ieri la Russia, in un aereo partito alle 16.15, ora di Mosca, dall'aeroporto di Domodedovo, e atterrato a Francoforte dopo le 19.
Nella partita in corso con gli uomini del Cremlino, la moglie di Alexei Navalny, il principale oppositore di Vladimir Putin, ha deciso dunque di sparigliare le carte e rifugiarsi in Germania, dove il marito aveva già trovato ospitalità dopo l'avvelenamento al novichok. Potrebbe essere l'unico modo per sfuggire a un prossimo arresto, visto il giro di vite delle autorità contro l'opposizione. Ma i collaboratori dei Navalny smentiscono questa interpretazione: non è un auto-esilio per evitare persecuzioni, dicono, ma un allontanamento temporaneo.
Il Cremlino ha deciso da tempo di usare il pugno di ferro e ogni giorno che passa sembra rappresentare solo la tappa di una escalation. Ieri il tribunale di Mosca ha reso noto di aver emesso un mandato di cattura internazionale contro Leonid Volkov, coordinatore degli uffici regionali del movimento di Navalny. L'accusa era quella di aver istigato dei minorenni a partecipare a manifestazioni non autorizzate. Volkov resta libero perché si trovava in Lituania, che si è rifiutata di eseguire l'arresto. «Usare gli strumenti internazionali per i processi motivati politicamente è sbagliato», ha dichiarato la ministra dell'Interno, Agne Bilotaite. Sempre ieri il presidente della Duma Vyacheslav Volodin aveva anticipato la possibilità di varare una legge per impedire alla Navalnaya di candidarsi alle prossime elezioni d'autunno. L'obiettivo non dichiarato è evidente: evitare uno scenario come quello che si è aperto in Bielorussia, dove la leader del movimento di protesta, ha «sostituito» il marito incarcerato.
Altrettanto preoccupante la notizia diffusa dal servizio russo della Bbc che ha dato conto delle condanne contro due partecipanti alle manifestazioni pro-Navalny. Nessuno dei due era stato fermato in occasione dei cortei ma entrambi sono stati identificati attraverso il sistema di riconoscimento facciale creato in questi anni nella capitale. Per le strade della città sono state distribuite poco meno di 200mila telecamere i cui dati confluiscono in un unico centro di archiviazione ed elaborazione dati. Il sistema di telesorveglianza era già stato usato sporadicamente e per reati gravi. Ora potrebbe davvero crearsi uno scenario da Grande Fratello. E la Russia potrebbe trasformarsi nel primo Paese dopo la Cina a impiegare in modo sistematico la tecnologia contro gli oppositori politici. Non basta. Visto che le azioni di protesta stanno spingendo Usa e Ue verso nuove sanzioni alcuni deputati di Russia Unita, il partito di Putin, hanno proposto che le manifestazioni vengano punite come «tradimento alla nazione».
Del resto ogni arma di difesa sembra accettabile a chi si ritiene vittima di un'operazione di sovversione globale. E così si sentono al Cremlino. Lo ha spiegato in una lunga intervista alla Tass la portavoce del Ministero degli Esteri, Maria Zakharova che ha parlato «di potenti forze internazionali e finanziarie che appoggiano Navalny», condannando«i doppi standard di valutazione della propaganda occidentale» e accusando perfino i «giganti di internet, che, lo si voglia o no, inviano delle notifiche», per segnalare quando l'oppositore di Putin mette in Rete un nuovo video.
In una situazione di così alta tensione una nota dissonante arriva dalla Crimea: secondo il sito investigativo Proekt, un gruppo di miliardari, riuniti intorno a Banca Rossija, ha acquisito un'altra villa di lusso sul
Mar Nero, una famosa dacia usata a suo tempo da Leonid Brezhnev. Obiettivo: metterla a disposizione di Putin che la teneva d'occhio da anni e la userà come residenza nella Penisola appena tornata sotto il controllo russo.
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