«Ci stiamo lavorando» è l'assicurazione sulla scelta del nuovo direttore del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (Dis), dopo le «rumorose» dimissioni di Elisabetta Belloni. La nomina spetta al presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che potrebbe averla già in testa alla conferenza stampa del nuovo anno, domani alle 11, quando arriverà il fuoco di fila delle domande sul caso Belloni. Formalmente ha tempo fino al 15 gennaio, ma la nomina del successore non passa per il Consiglio dei ministri convocato giovedì pomeriggio. La procedura è diversa e un po' farraginosa. Meloni deve convocare il CisR, Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica, che è composto da mezzo governo. Oltre ai ministri dell'Interno, Difesa, Esteri ci sono quelli della Giustizia, Economia, Trasporti, Ambiente e Made in Italy. Il segretario del Comitato è lo stesso direttore del Dis. Fino a ieri pomeriggio il CisR non era stato ancora convocato a palazzo Chigi. Poi, secondo una regola non scritta, ci vuole un passaggio informale con il Quirinale e uno ufficiale con il presidente del Copasir, l'ex ministro della Difesa del Pd, Lorenzo Guerini.
Il caso Belloni ha lasciato degli strascichi: il vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, chiamato in causa per dissapori con Belloni è amareggiato. Fonti del Giornale fanno sapere che l'ex premier, Mario Draghi, non ha caldeggiato alcuna nomina europea per il direttore dimissionario del Dis. La rosa dei nomi per il successore, che coordina i servizi di intelligence, si allarga, ma in realtà i veri papabili sono pochi. Difficile, non essendo mai capitato prima, che si vada ad intaccare scelte recenti negli apparati di sicurezza, come Bruno Valensise, direttore dell'Aisi, nominato meno di un anno fa. Dalla sua, però, ha una lunga esperienza al Dis, anche come vice. Ancora più improbabile una chiamata del generale Francesco Paolo Figliuolo, che non ha esperienza di intelligence, nominato vice del servizio estero da dicembre. Si è parlato anche del generale Giovanni Caravelli, alla guida dell'Aise da quattro anni, ma con le guerre in corso, il caso Sala e il buon lavoro che ha fatto sarebbe rischioso spostarlo dai dossier caldi. Bruciato in partenza il nome di Lamberto Giannini, prefetto di Roma, ritenuto troppo vicino a Gabrielli-Gualtieri, timido sulle zone rosse del Viminale. Una soluzione «interna» sarebbe nominare alla direzione del Dis il vice di Belloni, Giuseppe Del Deo, considerato vicino a FdI, ma forse caduto un po' in disgrazia. L'altra vice, il prefetto Alessandra Guidi è stata ereditata dal precedente governo e andrà in pensione quest'anno.
Un'altra soluzione sarebbe spostare al Dis il capo della polizia, Vittorio Pisani, che è stato nominato un anno e mezzo fa. Però nei gangli dell'intelligence, tenendo conto che pure Valensise è un ex poliziotto e Caravelli viene dall'esercito, la prassi prevede l'equilibrio fra le costole della sicurezza dello Stato. I carabinieri, che hanno quasi sempre guidato uno dei due servizi, sono rappresentati, a livello di vertice, solo da Carlo De Donno, vicedirettore dell'Aisi, prorogato a novembre.
Per questo motivo fra i papabili al Dis è saltato fuori il nome del vice dell'Arma, generale Mario Cinque, rimasto con un pugno di mosche in mano dopo la nomina a comandante generale, caldeggiata dal ministro Guido Crosetto, di Salvatore Luongo.
Cinque era la carta di Mantovano, sottosegretario a Palazzo Chigi con delega ai servizi, ma dall'intelligence si fa notare che la Guardia di Finanza non ha nessuno ai vertici, dopo essere stata alla guida del Dis dal 2018 al 2021 con il
generale Gennaro Vecchione, prima di Belloni. Il papabile delle Fiamme gialle sarebbe l'attuale comandante, il generale di corpo d'armata Andrea De Gennaro, voluto nella nomina del maggio 2023 da Mantovano e da Giorgia Meloni.
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