Ultima fermata Minsk? Dopo il suo sbarco in Bielorussia, quella vecchia volpe di Ian Bremmer, presidente di Eurasia Group, definisce Evgenij Prigozhin «un morto che cammina» (non è il solo a pensarlo) e Mark Warner, al vertice del comitato di intelligence del Senato degli Stati Uniti, fa dello humour nero immaginando che abbia scelto «uno dei pochi hotel della città privi di finestre, per proteggersi dai tentativi di omicidio». Che i nemici di Vladimir Putin precipitino spesso da un decimo piano o soccombano a dosi equine di intrugli radioattivi è parte della cronaca del basso impero moscovita, ma forse è presto per intonare il de profundis al capo della Wagner.
E questo non solo perché, tipicamente, Putin è solito servire le sue feroci vendette come piatti freddi, senza affrettarsi. Ma piuttosto perché, al momento, il dittatore dall'esercito di cartone ha ancora bisogno dei servigi dei contractor della Wagner: certamente in Africa, dove i mercenari svolgono in diversi Paesi un preziosissimo ruolo di garanzia di ruberie e scambi commerciali che permettono alla Russia di aggirare le sanzioni occidentali (e non a caso ieri è stato ufficialmente confermato da Mosca che le attività degli uomini di Prigozhin in Mali, Centrafrica e altrove proseguiranno nonostante tutto). Ma forse anche in Ucraina, magari non più nel Donbass bensì partendo dalla Bielorussia del vassallo Lukashenko.
Il capo di Wagner, a parole perdonato da Putin e indotto ad accettare un apparente esilio bielorusso, risulta arrivato a Minsk ieri mattina presto. Due aerei riconducibili al suo gruppo sono partiti, uno da Rostov e uno da San Pietroburgo, e giunti quasi contemporaneamente a destinazione. Lukashenko ha annunciato l'arrivo dell'ospite, che ha di fatto preso in ostaggio per conto del suo padrone Putin, pur ostentandogli un trattamento di riguardo. I termini dell'intesa che l'uomo forte (ma in realtà debolissimo) di Minsk ha negoziato al telefono per conto di Putin prevederebbero la consegna all'esercito regolare russo degli armamenti pesanti della Wagner e l'impegno all'arruolamento nell'esercito stesso dei mercenari o, in alternativa, il trasferimento in Bielorussia di chi lo rifiutasse al seguito del loro capo in esilio «volontario».
È qui che si nasconde l'arcano. Cosa andrebbero a fare in Bielorussia gli uomini della Wagner, per i quali si parla di una sistemazione permanente di quasi diecimila unità? È plausibile che Putin abbia imposto a Lukashenko - che già accoglie sul territorio nazionale senza discutere le atomiche russe e ospita in basi militari aerei da guerra e migliaia di soldati di Mosca - di far partire dalla Bielorussia attacchi dei mercenari contro la confinante Ucraina, aprendo così un fronte settentrionale che avrebbe nel mirino la stessa Kiev distante qualche decina di chilometri dalla frontiera? Ufficialmente Lukashenko abituato come Putin alla menzogna sistematica si limita a dare il benvenuto agli uomini di Prigozhin, assicurando che «non c'è ragione di temerne la presenza qui, perché anzi le nostre forze armate trarranno beneficio dalla loro esperienza». Ma è improbabile che i macellai della Wagner arrivino come addestratori...
Il destino personale di Prigozhin pare legato al ridispiegamento dei suoi uomini, che dovrà svolgersi finché lui sarà in vita, e che potrebbe equivalere a una dissoluzione di Wagner. In Africa potranno agire anche senza di lui.
Chi accetterà di arruolarsi nell'esercito russo andrà verosimilmente incontro alla morte in Ucraina, mentre il processo di reimpiego degli esiliati in Bielorussia richiederà un po' di tempo. Nessuno ci racconterà la verità sulla sorte di Prigozhin a Minsk, così come di quella dei suoi colonnelli compromessi con la sfida a Putin. Ma probabilmente vede giusto Bremmer, più prima che poi.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.