Roma È un Salvini ben diverso, quello che si è presentato al consiglio federale della Lega. Si potrebbe già definire un «Salvini fase-due», se non fosse che la trasformazione è in moto sotto i nostri occhi, sarà ancora lenta ma lunga, e non si limita solo alla frequenza di un abbigliamento più adeguato al ruolo: giacca e cravatta o pantalone e camicia in luogo di magliette e felponi da «incazzato» di periferia.
La sua mente è in orbita, come i sondaggi che danno il Carroccio saldamente al comando. Ergo, lui a Palazzo Chigi, prima o poi. Ieri, forse per la prima volta, le sue parole ne tenevano conto davvero: «Abbiamo la responsabilità di essere la prima forza politica di questo paese e dopo il 26 maggio saremo la forza politica di riferimento a livello continentale». Tempo fa avremmo detto che l'aveva sparata grossa ma oggi, almeno per l'Italia, le cose stanno più o meno così. Come anche la sincera contentezza «per quanto la Lega ha fatto in questi nove mesi di governo» e per quello che «sono convinto che continuerà a fare per i prossimi anni».
Ma esser contenti ed essere responsabili non è la stessa cosa, e qui cominciano a stringersi anche certi «nodi» e a non tornare i conti del candidato premier in pectore. Che, nella sua versione «nazionale», già si trova a cercare di far passare un messaggio sull'Autonomia che ancora non è reale e chissà se lo sarà mai. «Ormai sono la maggioranza delle regioni a chiederla, non è più una richiesta territoriale», ha detto frettolosamente. Specificando però che dovrà passare al vaglio di Regioni e Parlamento. Il che potrebbe tradursi in tempi altro che rapidi.
L'altra sera Zingaretti, nuovo segretario del Pd, ha detto in tv che siamo alla «fine del cattivismo», ovvero del periodo nel quale la Lega ha saputo interpretare «ansie e paure degli italiani». C'è del vero, ma questo implica la necessità che Salvini trasformi se stesso e la sua politica assai più del modo di vestire. Di buono c'è che Zingaretti vede nel futuro il ritorno a un bipolarismo destra-sinistra. Il che comporta un dato importante, che solo Salvini ancora non vede: l'implosione del M5s. C'è un motivo, per il quale il capo leghista è orbo: la sua vera partita è da tempo quella di «assorbire» il consenso grillino di «destra», ora interpretato da Di Maio. È uno schema simmetrico a quello del Pd, sulla sinistra. Per ciò Salvini ha bisogno di tempo, il tempo per saldare una coesione (forse) possibile con il Sud e, simbolicamente, anche con il pomiglianese Di Maio. È il motivo per il quale è in atto una forte dialettica dei 5S contro l'area «governista» di Giorgetti, ieri accusato dai 5S di essere strumento degli Usa, di Napolitano, dello «status quo». Paragone se ne intende, avendo bazzicato per anni via Bellerio, e capisce che la sua stessa esistenza in politica è minacciata dal ritorno del centrodestra.
«Se Salvini vuole andare con Berlusconi, Brunetta e la Gelmini, allora gli dico tanti auguri... ma è un tattico intelligente e sa che una campagna elettorale con quella compagnia di giro non lo ringiovanisce, stare col Movimento invece gli fa bene», attacca. Farà pure bene a Salvini, ma ai 5S mica tanto.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.