Non è stata e non è una protesta estemporanea. Durerà a lungo, sarà pesante e articolata e quali saranno i risvolti e i disagi futuri è ancora tutto da vedere. Il ribattezzato «movimento dei trattori», organizzato dagli agricoltori che protestano in particolare contro le politiche dell'Unione Europea, si sta rafforzando di giorno in giorno ed è pronto a deflagrare definitivamente.
Dopo le prime manifestazioni della scorsa settimana in particolare nel Vercellese e ad Alessandria, ieri ancora proteste in Piemonte, di nuovo nei pressi del casello autostradale di Orte, dove i trattori hanno occupato la sede stradale senza però bloccare il casello. In scena la protesta anche a Torino, dove è stato installato un palco improvvisato nella centralissima piazza Castello da varie sigle e gruppi. Davanti a centinaia di partecipanti, è stata anche bruciata una bandiera dell'Unione Europea. Presidio anche ad Alessandria dove si sono radunati circa 250 trattori con proteste ma anche iniziative didattiche per famiglie e bambini allo scopo di divulgare come funzioni il mondo dell'agricoltura. Proteste, cortei e mobilitazioni si sono sparse a macchia d'olio in tutta Italia. In Basilicata, nel Metapontino, e in Campania, in particolare in Irpinia. Ad Avellino decine di trattori ed altri mezzi agricoli hanno occupato piazza Kennedy, nel centro città, con cartelli e striscioni contro il caro-prezzi. Ma non finirà qui.
«Stiamo paralizzando il Paese e andremo a Roma. Siamo l'Italia buona e non molleremo mai», dicono da Torino. Da oggi le mobilitazioni riguarderanno tutto il Paese. Sempre in Piemonte, ad Alessandria, previsto un presidio per oggi e un corteo di trattori domani, con un presidio fisso almeno fino al 3 febbraio. Mercoledì poi due cortei previsti nel novarese e da Vercelli con trattori e agricoltori in arrivo anche dal Pavese. Domani mobilitazioni in varie zone della Lombardia, in Toscana e in Sardegna, mercoledì grande presidio a Verona in occasione della inaugurazione di Fieragricola, la fiera di riferimento del settore. Da Nord a Sud, passando per il Centro. In Basilicata stilato un documento in undici punti per affrontare i problemi del comparto e sensibilizzare le istituzioni. Da oggi altri cortei e assemblee pubbliche anche a Matera e Potenza, con focolai di protesta previsti anche in Emilia Romagna e nell'alto Lazio.
In piazza, a fianco degli agricoltori e degli allevatori dei vari consorzi locali, ci sono i volti noti del «No», habitué scafati della protesta. Quelli pronti ad aggiornare lo striscione per ogni evenienza. A bruciare la bandiera Ue a Torino è stato Marco Liccione. «L'ho fatto perché la Ue ha fallito e vogliamo uscirne. Difendiamo l'agricoltura italiana dagli interessi delle multinazionali e dalla nostra politica incapace di reagire». Lui, leader de La Variante Torinese, 35 anni, si era già dato parecchio da fare durante la pandemia, incitando gli animi dei no vax, guidando le proteste contro il green pass e facendo infuriare la comunità ebraica per una sua dichiarazione: «I No Green Pass sono come gli ebrei perseguitati dai nazisti». Tra un insulto ai medici «incompetenti» e l'altro, era anche stato indagato per l'assalto alla sede della Cgil di Roma nel 2021.
Altro volto noto, già dai cortei anti vaccinisti, è Francois Marie Perier, attivista francese, fondatore del movimento GreLive di Grenoble, nato per «la libertà e la verità sul Covid». Sgonfiata la polemica sanitaria, è rispuntato sul palco di Torino abbracciando la causa degli agricoltori. Ritorna in pista anche Danilo Calvani, ex leader del Movimento 9 dicembre-Forconi, ora a capo degli Agricoltori Traditi. Il piccolo imprenditore agricolo di Pontinia, in provincia di Latina, è uno che sa come riempire la piazza: lo ha fatto nel 2009 contro il governo Monti, quando ha infervorato pescatori, autotrasportatori, cittadini comuni. Ora guida gli agricoltori. Sogna ancora quello che voleva fare come forcone: la «marcia su Roma».
«La nostra è una battaglia che appartiene a tutti i consumatori - spiega - contro i vergognosi diktat che stiamo subendo dalla Ue. Invito tutti gli italiani ad appoggiarci in una guerra che vinceremo». E via con messaggi via chat per far scendere tutti in piazza. Basta cambiare il titolo del gruppo e via. No, non è una protesta estemporanea.
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