Napolitano affonda Renzi e lancia il bis di Gentiloni

Re Giorgio si unisce al fronte anti Matteo: "Il premier è essenziale per la governabilità"

Napolitano affonda Renzi e lancia il bis di Gentiloni

Chi temeva che Giorgio Napolitano potesse mancare all'appello, si rassereni. Chi pensava che l'uderstatement fosse dote indispensabile per candidarsi a «riserva della Repubblica», ci ripensi. Il partito dello «status quo» ha rotto gli indugi, spostate le fiche dal cavallo bolso Matteorenzi al pimpante Paologentiloni, lo esibisce e lo vezzeggia a mo' di purosangue (i nobili natali non vengono tralasciati, perfino). Sfidando anche un po' la scaramanzia, lo si vede già al traguardo e oltre. Paolo il «freddo», il «calmo», il «compassato», il «conte Gentiloni», ora galoppa: «Come sapete, i governi restano al loro posto finché non arriva quello successivo», dice il premier in veste «tecnica» ma ormai sbracata in campagna elettorale. Anzi, personale.

È una giornata campale, per il mite-ex-poco-candidato che siede a Palazzo Chigi e rischia di vincere per assenza di alternative. Cominciata con un twitter di gioia per la vittoria della Goggia in Corea. Ma poi la discesa libera prosegue spericolata, fino all'abbraccio sul palco milanese dell'Ispi dove in mattinata vengono premiate le personalità che rafforzano l'immagine dell'Italia nel mondo. Un minuetto di belle madamine, nel quale il 93enne presidente emerito Napolitano rivolge al premiato Gentiloni l'endorsement più spudorato, ritagliandosi ancora una volta prerogative ultra. «Gentiloni è divenuto punto essenziale di riferimento per il futuro prossimo e non solo nel breve termine, della governabilità e stabilità politica dell'Italia», spiega King George. Prosegue il tratteggio dell'iconcina sacra: «Un'attitudine all'ascolto e al dialogo», «uno spirito di ricerca senza preclusioni», un premier e prima un ministro degli Esteri che s'è saputo «conquistare una limpida e motivata fiducia tra gli italiani e nelle relazioni internazionali». A cotanto fervore zuccheroso San Paolo non può che replicare ricordando che «se c'è una cosa che ho visto con chiarezza è quanto l'autorevolezza di Napolitano sia un asset per l'Italia a livello internazionale». Grondando glucosio da tutti i pori, gli astanti hanno potuto così sorbirsi il resto della Saint Honoré, con una specie di programma (elettorale o di governo, fate voi) sui flussi migratori, la crisi economica, il disagio sociale. Indi, siccome l'uomo non è di solo zucchero, Gentiloni aveva riferito il resto inaugurando poco prima una sede del Cefriel, sempre a Milano. Una nuova stagione di riforme, aveva promesso il premier già indossando l'incarico per il vecchio-nuovo governo. Quindi aveva promesso di «verificare la correttezza del processo che ha portato l'agenzia per il farmaco Ema ad Amsterdam» e rivelato che «se c'è una cosa che non sopporto, è il mix tra la retorica del pugno sul tavolo per uso interno e la latitanza a Bruxelles». Prima che il suo ministro Calenda (aspirante alla medesima poltrona di premier a prescindere - dal voto) la prendesse a male per il fiasco di Embraco, Gentiloni ha però chiarito che «a lungo l'Italia ha usato questa retorica», epperò «guai a una contrapposizione tra europeismo e tutela dei nostri interessi nazionali».

N.B. Dopo Prodi, Veltroni, Letta jr, Rutelli, Lorenzin e Bonino, ora c'è pure Napolitano.

Renzi, storcendo bocca, ha dovuto ammettere che «Paolo è un punto di forza che aiuta la nostra campagna elettorale». Di fronte a cotanta compagnia, il 4 marzo votare è una perdita di tempo. Andate in pasticceria, glicemia permettendo.

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