Come ritornello per le feste ha già surclassato Jingle bells: «Sarà un Natale diverso». Lo ripetono i politici che chiedono sacrifici ai cittadini, gli scienziati costretti a motivare le limitazioni imposte dalla pandemia, i social media manager alle prese con la comunicazione ai tempi della crisi, i giornalisti a caccia di slogan a buon mercato. Affrontano il problema da un punto di vista differente, ma arrivano tutti o quasi alla stessa conclusione. Il periodo dell'anno da sempre associato al calore degli affetti, alla convivialità e allo scambio (non soltanto di doni materiali) si prospetta distanziato, falcidiato dalle privazioni e ad alto rischio di ribellione sociale. Definirlo «diverso», ecco, sembra quanto meno semplicistico. E offensivo per l'intelligenza degli italiani.
La formula magica del «Natale diverso» sta bene con tutto, ma a ben vedere non accontenta nessuno. Al contrario di una profezia che si autoavvera, non può ingabbiare la realtà nel tentativo di manipolarla e di renderla accettabile. Semmai, la nega. Qualche esempio, per intenderci. La Milano della Prima alla Scala senza pubblico per la prima volta dal dopoguerra è diversa o è maledettamente più triste? L'avvio della stagione turistica invernale senza che gli albergatori possano accogliere l'ombra di un cliente è diversa o è una sciagura per migliaia di lavoratori e per intere comunità montane? Le famiglie frantumate tra Nord e Sud, anzi tra Comune e Comune, a causa delle restrizioni del Dpcm - a torto o a ragione, non è questo il problema - vivranno delle festività diverse oppure mai così traumatiche? E via «diversificando».
Pericoloso quanto il Natale negazionista a marchio «Covid free» è il negazionismo lessicale che rifiuta di guardare in faccia la realtà, al di là di una narrazione edulcorata e falsa. Perciò chi ci governa a tutti i livelli, come chi per lavoro fa il comunicatore, ha il dovere di chiamare le cose con il loro nome. Senza indorare la pillola. Non bisogna aver paura, ci dicono. Soprattutto di ammettere che sarà un Natale peggiore. Prepariamoci alla (In)feliz Navidad, pazienza, se servirà a contenere il contagio. Basta saperlo. Anche per il fatto che un Natale «diverso» non funziona da deterrente, al limite incuriosisce, mentre qui proprio nessuno ha voglia di viverne un altro simile. Dovremmo ormai aver compreso che gli errori commessi nella prima ondata non devono sommarsi a quelli della seconda, per escludere l'eventualità di una terza.
Solo descrivendo con parole chiare e oneste la fine di questo 2020, in futuro potremo guardarci alle spalle sollevati. E come nel racconto di Dickens saremo capaci di trarre un insegnamento persino dallo Spirito del Natale... diverso.
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