Nato, Meloni con Kiev: dall'Italia 1,7 miliardi. Ma Salvini è contrario

Al summit di Washington Roma dice sì ai fondi extra. La Lega frena. I dubbi della premier sui Patrioti Ue

Nato, Meloni con Kiev: dall'Italia 1,7 miliardi. Ma Salvini è contrario
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Non sarà un financial commitment come aveva inizialmente auspicato il segretario della Nato uscente, Jens Stoltenberg, ma un più flessibile politcal pladge. Un impegno, insomma, meno stringente dal punto di vista della scadenza effettiva dei pagamenti, ma comunque un passo avanti importante e un segnale politico forte a sostegno dell'Ucraina.

È questa, infatti, la formula di compromesso con cui il 75esimo vertice Nato che si è aperto ieri pomeriggio a Washington darà il via libera ai 40 miliardi di dollari l'anno di aiuti militari per Kiev.

Uno stanziamento su cui inizialmente l'Italia non aveva nascosto le sue perplessità, al punto che neanche un mese fa era stato il ministro della Difesa, Guido Crosetto, a spiegare pubblicamente che Roma non era d'accordo perché «già l'impegno di raggiungere il 2% del rapporto tra spese della Difesa e Pil è molto problematico» e la quota parte italiana di questi 40 miliardi è «aggiuntiva». Poi si è aperta la fase di trattativa, con il lavoro degli sherpa e la proposta del political pladge, appoggiata oltre che dall'Italia e da altri Paesi europei anche e soprattutto dagli Stati Uniti, preoccupati di riuscire a chiudere un'intesa che dovrebbe garantire sostegno all'Ucraina anche se a novembre tornasse alla Casa Bianca Donald Trump. Un dossier che, dicono fonti diplomatiche, proprio Crosetto ha voluto seguire in prima persona, preoccupato dalla capacità dell'Italia di sostenere un esborso tanto gravoso.

La scelta di modulare il sostegno a Kiev non secondo le stringenti scadenze di un'obbligazione di pagamento futura ma come impegno politico che per quanto solenne resta comunque flessibile, è stato il passaggio decisivo. Si è così arrivati al via libera da parte dei 32 Paesi che aderiscono alla Nato, che sarà sancito nel documento conclusivo del summit. Dei 40 miliardi di dollari stanziati, 20 saranno a carico degli Stati Uniti e altri 20 dell'Europa. All'Italia - il calcolo è fatto sulla base del reddito nazionale lordo di ciascun Paese - toccherà una quota di 1,7 miliardi di dollari l'anno. Che è ben più di quanto l'Italia ha versato annualmente all'Ucraina dall'inizio della guerra (circa 1,2 miliardi di euro l'anno).

Il nostro bilancio, come è noto, non lascia molti margini di manovra. E come ha ricordato più volte Crosetto, gli otto pacchetti di aiuti militari all'Ucraina già approvati hanno avuto un peso non indifferente. È questa la ragione per cui il ministro della Difesa - d'intesa con Palazzo Chigi - ha seguito la pratica in prima persona. Assicurandosi una certa flessibilità e pure la circostanza non secondaria di poter contribuire all'impegno finanziario con know how militari, addestratori e armi.

Una linea condivisa da Meloni, che ieri a Washington ha partecipato alla cerimonia ufficiale per la celebrazione dei 75 anni dell'Alleanza atlantica (e che punta alla nomina di un italiano come Rappresentante speciale Nato per il fronte Sud). Sul sostegno a Kiev, infatti, la presidente del Consiglio non ha mai avuto esitazioni, ben consapevole del fatto che il suo vicepremier, Matteo Salvini, ha decisamente un altro approccio. Ribadito proprio ieri, visto che mentre l'Italia si prepara a contribuire con 1,7 miliardi di dollari l'anno alla causa di Kiev, il leader della Lega ci ha tenuto a dire che «più armi si inviano all'Ucraina e più la guerra andrà avanti».

Posizioni inconciliabili. Tanto che la premier non ha mai avuto alcuna tentazione verso i Patrioti, il gruppo appena costituito al Parlamento Ue dal Fidesz di Viktor Orbán, dal Rassemblement national di Marine Le Pen e dalla Lega di Salvini. È vero che numericamente ha scavalcato di qualche unità i Conservatori di Ecr, ma resta il «vulnus» per la premier insormontabile di essere un gruppo che strizza l'occhio al Cremlino. Interpellata sul punto dai cronisti, lunedì notte nella hall dell'hotel St.

Regis di Washington Meloni ha preferito la prudenza. Ma in privato sulla questione è stata più che categorica, tanto da non escludere una presa di posizione pubblica per chiedere che i Patrioti dicano chiaramente cosa pensano del conflitto tra Russia e Ucraina.

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