Il negoziato negato. Le trattative per un cessate il fuoco in Ucraina sono ferme ai colloqui di Istanbul del 29 marzo, ormai dieci giorni fa. Da quel confronto al palazzo di Dolmabahce, in riva al Bosforo, si è parlato più di armi e come farle tuonare che di come farle tacere. E naturalmente di ciò ciascuna delle due parti, Mosca e Kiev, dà la colpa all'altra.
Ieri Serghei Lavrov, ministro russo degli Esteri, l'ha messa giù dura: la nuova bozza di accordo presentata da Kiev «si discosta dalle disposizioni chiave registrate nella riunione di Istanbul del 29 marzo». Per Lavrov si tratta di una manifestazione del fatto che «il regime di Kiev è controllato da Washington e dai suoi alleati, che stanno spingendo il presidente Volodymyr Zelensky a continuare le ostilità». In particolare per Lavrov l'Ucraina aveva inizialmente accettato che le garanzie di sicurezza non si applicassero alla Crimea e a Sebastopoli e che eventuali esercitazioni militari in potessero essere svolte dall'Ucraina solo con il consenso di tutti i paesi garanti, inclusa la Russia, mentre nella nuova bozza stilata da Kiev si parla solo di consenso della maggioranza dei paesi garanti.
Il progetto ucraino, secondo il Cremlino, è tirarla per le lunghe per sabotare ogni possibilità di intesa con Mosca. Un gioco a cui Lavrov sostiene di non volere stare, continuando sulla strada del dialogo e presentando una propria proposta di accordo coerente con lo spirito di Istanbul. «La Russia è pronta a creare condizioni confortevoli per continuare i negoziati con l'Ucraina», ha fatto sapere in serata il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov.
Naturalmente dalle parti di Kiev la vedono in modo totalmente diverso. E attribuiscono l'impantanamento dei negoziati al fatto che i russi non abbiano smesso di far cantare le armi. «Se Mosca vuole dimostrare di essere pronta al dialogo - ha scritto su Twitter Mykailo Podolyak, consigliere del presidente Volodymyr Zelensky e membro della delegazione incaricata dei colloqui con la Russia - deve ridurre il suo livello di ostilità». Quanto al ministro ucraino degli Esteri, Dmytro Kuleba, sembra non credere al momento al fronte delle trattative. «È chiaro che le posizioni delle delegazioni nei colloqui - ha detto ieri a margine della riunione del ministri degli Esteri della Nato - saranno definite dai successi degli eserciti sul campo di battaglia e dall'impatto delle sanzioni imposte alla Russia. Questi sono i due criteri principali che rafforzano la nostra o le loro posizioni nei colloqui. Ovviamente siamo completamente concentrati nel garantire di essere più forti e che alla fine avremo la meglio».
Jens Stoltenberg, segretario generale della Nato, invita Vladimir Putin a «ritirare le sue truppe dall'Ucraina e mettersi al tavolo dei negoziati», anche se aggiunge che «dobbiamo essere realistici: non abbiamo indicazioni che abbia cambiato l'obiettivo di controllare l'Ucraina e ottenere vittorie sul campo». Il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu è sconfortato: «Le immagini di Bucha, Irpin e altre regioni sono inaccettabili e hanno oscurato l'atmosfera positiva emersa a Istanbul».
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