"Ma nel Paese la svolta a destra c'è già stata"

Il politologo spagnolo: «A livello locale, 3 cittadini su 4 governati dai Popolari»

"Ma nel Paese la svolta a destra c'è già stata"
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In occasione delle elezioni generali in Spagna che si tengono oggi, chiediamo al politologo e professore di Scienze Politiche dell'Università Carlo III di Madrid Pablo Simón di raccontare a Il Giornale le difficoltà della sinistra spagnola (come quella italiana, del resto) di mobilitare il proprio elettorato.

Come valuta la decisione di Pedro Sánchez di anticipare le elezioni?

«Le elezioni anticipate sono una strategia. Dopo la sconfitta del 28 maggio, la situazione era diventata difficilmente sostenibile. Sono state indette per evitare tutto il rumore interno nel Psoe e con gli alleati come Sumar. Allo stesso tempo, si poteva produrre con Sánchez la sindrome dell'anatra zoppa, cioè dare per scontato il fatto che avrebbe perso le elezioni a dicembre. La decisione ha molto a che vedere con la difficoltà della sinistra di mobilitarsi. È una scelta difensiva per minimizzare i danni».

Sánchez ha detto: «Anche se le elezioni avevano una portata municipale e regionale, il senso del voto trasmette un messaggio che va oltre». Qual è il messaggio?

«È stato un voto di castigo chiarissimo a Sánchez, una sorta di Sánchez sì, Sánchez no. Ci racconta che la destra ottiene buoni risultati. Tre spagnoli su quattro sono governati dal Pp. Si vive una svolta a destra che mai era stata così forte».

Cosa manca o è mancato alla sinistra in Spagna e in cosa la destra è stata capace di arrivare all'elettorato?

«Ci sono vari fattori. La destra oggi è più forte, prima erano tre partiti ora sono due, ha molto a che fare con la mobilitazione e lo spostamento dei socialisti. Perché è accaduto questo? Con la pandemia non c'è stato un cambio molto stabile. Da Pablo Casado presidente del Pp si è passati a qualcuno con un profilo più moderato, poi è arrivata la guerra. L'ultimo trimestre è andato molto male. Al rumore interno al governo si somma la legge antistupro del «solo sì è sì» e lo scontro sul reato di malversazione. Questo contesto ha determinato un appoggio più forte per la destra, poiché dava più sicurezza. Anche se la sinistra ha grande appoggio sui temi come il salario minimo o l'eutanasia, Sánchez non è capace di uscire fuori da questi ambiti. Il presidente del governo è meno popolare delle sue politiche. La sua figura è consumata nei sondaggi, c'è un evidente problema poiché la fiducia nelle sue parole è diminuita».

Come commenta l'unico confronto televisivo tra Sánchez e Feijóo e come ne sono usciti i due candidati?

«Il faccia a faccia è stata un'opportunità persa per Sánchez. Feijóo si è imposto sul fronte economico e ha disorientato Sánchez. Abbiamo sondaggi che dicono che agli elettori del Pp è piaciuto di più il leader di destra e meno elettori di sinistra che Sánchez ha convinto. Dal giorno del confronto, la sinistra ha smesso di crescere».

Qual è la sua sfida più grande per Sánchez?

«La sfida più grande è che i suoi elettori vadano a votare. Dove c'è più indecisione è nella sinistra. Tra Psoe e Sumar. La sfida consiste nell'avere la capacità di dare elettricità alla campagna e mobilitare il suo elettorato. È la grande differenza tra Pp e Psoe».

Feijóo scommette su un esecutivo in solitario e ha invitato l'elettorato di Vox chiedendo il voto utile.

«Tutti i partiti vogliono governare soli. Cercano il voto utile perché sanno che sono in crescita. Nessun sondaggio dà la maggioranza assoluta ai Popolari ed è molto probabile che si dovrà cercare un accordo».

Cosa si

aspetta oggi? Pensa che i risultati incideranno sulle elezioni europee del 2024?

«I sondaggi indicano che il Pp sarà la forza più votata. A partire da lì si ci sarà un impatto. Molto dipenderà anche dal ciclo politico».

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