Immagini di bambini, anche di tre o quattro anni, vittime di abusi sessuali, contenuti pedopornografici, stickers-meme di carattere zoofilo, necrofilo, «scat», «splatter», nonché di violenza estrema, apologia del nazismo-fascismo, atti sessuali estremi e mutilazioni, atti di crudeltà verso essere umani e animali. L'orrore non esce dai computer di qualche orco ma dalle chat di un gruppo di sette ragazzini tra i 13 e i 15 anni. Tra di loro c'è anche una ragazza. La Polizia Postale di Pescara ha chiamato l'operazione, emblematicamente, «Poison», «Veleno». Tutto è partito da una segnalazione del Servizio Emergenza Infanzia 114. Per identificare gli autori di questi scambi atroci (le immagini rimbalzavano in cinque diversi gruppi social), gli investigatori si sono immersi nell'orrore con un lavoro certosino e hanno analizzato oltre 85.000 messaggi. Ora l'accusa, per tutti e sette i minori, è di «diffusione e detenzione di materiale pedopornografico», ma anche la posizione di altri ventidue minori, che si sono limitati all'invio di meme, è al vaglio degli inquirenti. Per loro, le autorità valutano provvedimenti «anche con l'intervento dei servizi sociali a sostegno dei ragazzi e delle loro famiglie». Si tratta di immagini e video raccapriccianti di vittime innocenti il cui dolore, invece di scuotere e terrorizzare, è stato oggetto di scherno, divertimento e condivisione da parte del gruppo di adolescenti.
Secondo il direttore del servizio Polizia Postale e delle Comunicazioni, Ivano Gabrielli, gli inquirenti stanno cercando di capire se «le chat dei giovani siano state eterodirette», evidentemente da soggetti adulti. Ma Gabrielli lancia anche un allarme sul fenomeno e spiega che «si rischia assuefazione a immagini raccapriccianti». È allarmante la mancanza di consapevolezza nei confronti della gravità di certe immagini. Così come l'assenza di empatia per il dolore altrui e l'assenza del senso di responsabilità nel maneggiare e condividere determinati sconcertanti contenuti.
Gabrielli parla di una specie di «escalation». E spiega che «oltre a condividere materiale, di cui già la detenzione determina illegalità, si crea una spirale negativa che porta a materiale sempre più raccapricciante. È importante che i genitori abbiano il controllo sui ragazzi così piccoli visto che ci sono anche conseguenze penali. Le indagini sono partite anche dalle segnalazioni di certi genitori sconvolti, ma per la stragrande maggioranza i genitori erano totalmente inconsapevoli di ciò che veniva custodito nei device di questi ragazzi». Troppe volte gli adulti non hanno idea di cosa potrebbe scoperchiarsi se aprissero i telefoni e i computer dei propri figli. E infatti Gabrielli avverte: «Stiamo facendo uno sforzo per cercare di aggredire fenomeni legati alla diffusione di materiale pedopornografico che, oltre ad essere frutto di un mercato illegale contro il quale c'è l'impegno costante e fortissimo della specialità, è dannosissimo per la formazione psicologica di ragazzi e giovanissimi. L'esposizione a questo materiale, oltre a essere dannosa, può portare a momenti di assenza di pensiero critico nei confronti di immagini e video raccapriccianti.
L'impegno della Polizia è evitare che i più giovani possano entrare in contatto con chi produce e chi diffonde materiale. Un contatto che, non è escluso, possa generare ulteriori rischi per ragazzi che potrebbero diventare potenzialmente vittime di adescamento».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.