Morto, dentro a una di quelle culle che dovrebbero proteggere i neonati in difficoltà, garantendo la loro sicurezza e l'anonimato ai genitori che non li vogliono o non possono occuparsene. Era un maschietto di circa un mese il piccolo trovato senza vita ieri mattina nella culla termica della chiesa San Giovanni Battista, nel quartiere Poggiofranco di Bari. Il dispositivo, allestito da qualche anno in un locale della parrocchia accessibile a qualsiasi ora e che ha già salvato due neonati in passato, questa volta non avrebbe funzionato, facendo morire il bimbo, probabilmente di freddo. Il cellulare del parroco, collegato alla cosiddetta culla dell'accoglienza tramite dei sensori, non ha squillato impedendo di allertare i soccorsi. Potrebbe essere stata la mancata chiusura della porticina della culla termica o un difetto nel sistema dei sensori che non avrebbe attivato il dispositivo a provocare la tragedia. Ma non è escluso che il bambino possa essere stato lasciato già morto.
La Procura di Bari ha aperto un'inchiesta per abbandono di minore con l'aggravante della conseguente morte, al momento contro ignoti, e ha posto sotto sequestro la culla. Gli accertamenti investigativi sono partiti dall'analisi delle immagini registrate dai sistemi di videosorveglianza della zona e dai rilievi svolti dalla scientifica. Dovrà anche essere accertato come mai il dispositivo utile ad accogliere i neonati, che dovrebbe scattare nel momento in cui viene sistemato all'interno un peso, non abbia funzionato.
A trovare il corpicino, verso le 9,30 di ieri, è stato Roberto Savarese, 56 anni, di Bari, titolare di un'impresa di pompe funebri. Durante un funerale, dopo che il feretro era stato sistemato all'interno della chiesa, stava mostrando la culla ad uno dei suoi collaboratori quando ha visto che all'interno c'era un neonato che non dava cenni di vita. «L'ho preso in braccio, vederlo in quella tutina a fantasia militare, immobile, mi ha fatto tanto dispiacere. Non ho avuto paura ma ho provato tanto, tanto dispiacere. Quando ho aperto quella porta mi ha colpito che fosse coperto da un cappuccio e che non si muovesse: ho capito subito cos'era successo», racconta l'uomo. Non c'era nulla accanto a quel piccolino dalla carnagione chiara: non un ciuccio, un biberon, un cambio, un biglietto. Savarese ha chiamato subito il 118, ma purtroppo i soccorsi sono stati inutili. Il neonato potrebbe avere trascorso nella culla termica 24-48 ore. Nessuno si era accorto di lui perché nessun allarme è scattato. Don Antonio Ruccia non c'era, era a Roma, e il suo cellulare collegato alla culla è restato muto, con come un anno fa, il 23 dicembre del 2023, quando squillò alle 7,30 del mattino per avvertirlo che all'interno c'era una bimba di 3,4 kg avvolta in una copertina con un giubottino rosa e un cappellino bianco e azzurro di lana. Maria Grazia, venne chiamata la piccola. Il sacerdote è sconvolto, piange, non si capacita di questa tragedia e non crede all'ipotesi del malfunzionamento: «Per me è un infanticidio», dice. Crede che a lasciare il neonato non sia stato qualcuno che abita nel quartiere: «Li conosco ad uno ad uno, saranno sicuramente venuti da altre zone della città».
Sul posto è intervenuto Biagio Solarino, dell'istituto di medicina legale del Policlinico di Bari. È probabile che sul corpo del neonato venga disposta l'autopsia per capire se è morto per ipotermia, come si sospetta, o se il decesso è dovuto ad altre cause ed è stato precedente all'abbandono.
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