L'importante di questi tempi è non essere permalosi e guardare alle cose che contano. Questa è una stagione politica turbolenta e il governo si regge su una maggioranza atipica, che ha la stessa sostanza dei coriandoli e dove ognuno si preoccupa di difendere il proprio capitale di voti. È una realtà con cui Mario Draghi deve fare i conti e forse è questo è uno dei motivi per cui si voleva trasferire al Quirinale, per guardare alle miserie quotidiane con un certo distacco, un po' più dall'alto. Non è successo, anche perché lui resta il punto di equilibrio di questa strana compagnia. È un premier forte che si confronta con un Parlamento debole. Ora questa situazione dovrebbe rendere più facile il suo lavoro, ma in realtà è proprio la fragilità del potere legislativo a rendere più incerto il cammino del governo. Non sai mai cosa aspettarti perché la frammentazione apre spazi all'imponderabile. Tutto questo innervosisce Draghi, che si irrigidisce e ogni tanto sbotta con «ora si fa come dico io». È umano, ma finisce per aumentare il disordine.
Il governo dovrà rassegnarsi a lasciare ai partiti un'area di sfogo. Non può irrigidirsi su questioni che non sono vitali. Non è che non sono importanti, ma non sono neppure il cuore, il nucleo, dell'impresa. Non serve essere puntigliosi sul passaporto sanitario, sui contanti, su questo o quel bonus o su questioni che chiaramente sono una bandiera sventolata per dire agli elettori: ecco, noi siamo qui. L'importante è che le intemperanze non tocchino le pietre angolari della politica di Draghi. La missione del capo del governo è ridare all'Italia un futuro e questo passa per il Piano di ripresa e resilienza. È lì che serve la fiducia. È lì che non ci possono essere tentazioni elettorali. È lì che il governo non può permettersi compromessi. È sulla riforma fiscale, sulla concorrenza, sul Codice degli appalti, sugli insegnanti, sulla Pubblica amministrazione, sulle reti e la rivoluzione tecnologica del 5G, sulle politiche energetiche. Gli obiettivi da raggiungere nel 2022 per sbloccare i fondi Next generation sono cento (45 entro giugno). Finora siamo a quota tre e Palazzo Chigi non nasconde la preoccupazione. Non è un gioco. È la scommessa che gli italiani non possono permettersi di perdere. Non sarà tutto a costo zero, ci saranno categorie che pagheranno un conto e altre che avranno dei vantaggi, scontri di interess\i, forzature e delusioni. La transizione ecologica, solo per fare un esempio, avrà conseguenze negative sul petrolchimico e sulle auto e colpirà anche l'indotto. È quello che proprio ieri ha ricordato il ministro Cingolani. Il compito del governo è portare a casa questa impresa e per farlo dovrà scegliere e ogni scelta comporta un prezzo da pagare: politico, economico e sociale. Non ci saranno però altre possibilità.
È il limite che i partiti non possono superare. È il terreno dove governo e Parlamento si giocheranno autorevolezza e dignità. In caso di fallimento non ci può essere perdono. Sarebbe un'infamia da tramandare alla storia.
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