Netanyahu alla sbarra: "Una caccia alle streghe"

La testimonianza in aula: "Accuse assurde e stampa di parte". Sit-in contro il premier davanti al tribunale

Netanyahu alla sbarra: "Una caccia alle streghe"
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Benjamin Netanyahu ha sorriso con sicurezza quando è entrato nel tribunale distrettuale di Tel Aviv ieri verso le 10. Il processo a suo carico per corruzione, frode e violazione della fiducia è stato spostato da Gerusalemme per ragioni di sicurezza e si è svolto in un'aula sotterranea. Prima che il premier israeliano salisse sul banco degli imputati, il suo avvocato Amit Hadad ha esposto ai giudici quelle che, secondo la difesa, sono le falle fondamentali dell'indagine.

I procuratori, ha detto Hadad, «non stavano indagando su un crimine, ma su una persona». Alcune decine di manifestanti si sono radunati all'aperto, alcuni dei quali sostenitori e altri che chiedevano a Netanyahu di fare di più per negoziare il rilascio di circa 100 ostaggi ancora detenuti a Gaza. Tutto ciò in un frastuono di cori in competizione.

L'ultima volta che Netanyahu è comparso fisicamente in aula è stata nel giugno del 2023, dopo la quale gli sono stati concessi diversi rinvii per via dei fatti del 7 ottobre e dell'intervento a Gaza. «Parlerò. Non scapperò», ha fatto sapere Netanyahu. «Sono otto anni che aspetto questo giorno», ha poi sottolineato, denunciando quella che ha definito una «caccia alle streghe implacabile».

L'aula del tribunale a Tel Aviv era gremita da politici e persone arrivate per ascoltare la sua testimonianza. Netanyahu, 75 anni, è il primo premier israeliano in carica ad affrontare un processo penale ma ha evitato di sedersi sul banco degli imputati finché i fotografi non hanno lasciato l'aula, poiché è vietato scattare foto dopo che i giudici sono entrati. Questa è anche la prima volta che Netanyahu è salito sul banco dei testimoni. E ciò avviene nello stesso momento in cui Israele è impegnato in una guerra a Gaza ed esistono nuove minacce regionali, come in Siria. I ministri israeliani avevano chiesto invano alla corte di ritardare la sua testimonianza, sostenendo che la cacciata del regime di Assad in Siria aveva esacerbato gli oneri per un primo ministro che era già al timone di Israele in mezzo a una guerra su più fronti. La scorsa settimana i giudici hanno stabilito che il premier, incriminato nel 2019, deve testimoniare tre volte a settimana, costringendo il longevo leader israeliano a destreggiarsi tra l'aula del tribunale e la war room del ministero della Difesa.

Netanyahu dovrà difendersi in tre procedimenti penali distinti. Nel Caso 1.000 è accusato di aver accettato l'equivalente di circa 260mila euro in regali costosi, tra cui sigari, casse di champagne e soggiorni in hotel di lusso per lui e la sua famiglia in cambio di favori. Nel Caso 2.000 e nel Caso 4.000 è invece accusato di essersi accordato con due importanti editori israeliani affinché le testate da loro possedute parlassero bene di lui in cambio di norme a loro vantaggio.

Netanyahu ha riconosciuto che durante il suo mandato ha parlato con diversi uomini d'affari nel tentativo di cambiare il mercato mediatico israeliano «monolitico», che, ha spiegato, riflette solo l'opinione del campo politico di sinistra nel Paese. Netanyahu però ha negato ogni illecito e continua a ribattere che le accuse sono state inventate in un colpo di stato politico guidato dalla procura.

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