L'avvelenatore era dentro casa. Si è dipanato forse nel modo peggiore il mistero del tallio. Con l'arresto di Mattia Del Zotto, 27 anni, nipote delle tre persone uccise dalla sostanza letale lo scorso ottobre a Nova Milanese. E parente stretto anche della altre cinque intossicate, poi sopravvissute. Il giovane disoccupato che viveva con i genitori è accusato di triplice omicidio volontario premeditato e di tentato omicidio. I carabinieri di Desio hanno eseguito l'ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Monza Federica Centonze su richiesta del procuratore Luisa Zanetti.
«Volevo punire i soggetti impuri»: questo il delirante movente dichiarato dal ragazzo agli inquirenti. Del Zotto ha ammesso i delitti e portato i carabinieri nella cantina di casa, in via Fiume, dove custodiva il veleno. Poi ha aggiunto, freddo e senza tradire emozioni: «Non saprete mai perché l'ho fatto. Non ho da collaborare con la vostra istituzione o con altre istituzioni di questo Stato». Toccherà agli esperti provare a spiegare cosa l'ha portato a sterminare la famiglia con un piano architettato fin da giugno. Descritto come schivo e introverso, da due anni si era isolato dal mondo. Trascorreva le giornate chiuso in camera davanti al computer. Dagli atti dell'inchiesta emerge una personalità disturbata e pronta a uccidere ancora. Il giudice parla di «elevatissimo rischio» che facesse altre vittime. Delle sei fiale di tallio acquistate con un ordine online infatti ne aveva per ora usata solo una. «Se ho un avvocato? Non ho bisogno - ha risposto durante l'interrogatorio - di altre persone che parlino al posto mio. Scegliete dall'elenco del telefono la persona che più vi aggrada».
Mattia Del Zotto è accusato di aver ucciso con il metallo pesante altamente nocivo i nonni paterni e una zia. Sono Giovanni Battista Del Zotto, 94 anni, la moglie Gioia Pittana, 88 anni, e la loro figlia 62enne Patrizia Del Zotto. Erano finiti in ospedale per aver ingerito «solfato di tallio» i nonni materni, la loro badante, il marito della zia morta e un'altra zia. Per gli inquirenti, l'arrestato ha agito con «lucida premeditazione e spregiudicatezza». All'inizio le indagini avevano puntato sull'ipotesi di un avvelenamento accidentale, avvenuto nella casa di villeggiatura in Friuli che la famiglia aveva frequentato in agosto. Pista però esclusa da Carlo Locatelli, responsabile del Centro antiveleni di Pavia. Era infatti trascorso troppo tempo tra la vacanza e la comparsa dei primi sintomi, dopo la metà di settembre. A questo punto gli investigatori si sono concentrati sulla casa di Nova Milanese e sul nucleo familiare. L'unico elemento che congiungeva i due rami intossicati, i Del Zotto e i Palma, era il nucleo di Domenico Del Zotto (padre di Mattia). Nucleo tra l'altro rimasto immune al veleno. Il 27enne è subito apparso degno di attenzione. Per la sua personalità, per i difficili rapporti con i genitori, per la mancanza di relazioni affettive con i parenti. Mattia è anche un esperto di informatica. I carabinieri gli hanno sequestrato lo smartphone e il pc, dove nonostante il ragazzo avesse coperto le tracce digitali, è stato trovato nella cartella «bozze» un contatto (una mail di sollecito) con un'azienda di Padova. Poi l'ordine di acquisto da 248.88 euro del tallio. Il giovane Del Zotto ha usato un account con un nome falso «Davide Galimberti». Ha scelto Padova, dopo aver contattato altri sei venditori, perché poteva pagare in contanti. È andato a ritirare il veleno (appunto a metà settembre: il 15 era il suo compleanno), lo dimostrano i tabulati del suo cellulare. La polvere metallica è stata cercata in 70 alimenti passati di mano tra i parenti.
Ed è stata trovata in casa dei nonni materni di Mattia, in una ciotola arancione che conteneva erba di ortica comprata in erboristeria da Cristina Palma, madre di Mattia. L'erba veniva usata per gli infusi che gli anziani bevevano quasi ogni giorno.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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