La linea sembra oramai tracciata: prima ancora che parlare di Dublino e ricollocamenti, per controllare l'immigrazione l'Europa vuole sondare la strada degli investimenti economici nei Paesi di origine dei flussi migratori. A pochi giorni dal consiglio europeo della prossima settimana, tra le capitali del Vecchio Continente circolano le bozze degli accordi che verranno sottoposti ai leader. Così come sottolineato su La Stampa, non ci sono tracce di intese sulle redistribuzioni e sul superamento del trattato di Dublino, il documento cioè che impone l'accoglienza al Paese di primo approdo.
Il perché è presto detto: Francia e Germania hanno paura di contraccolpi sociali e politici. A Parigi e a Berlino si guardano i numeri delle richieste di asilo e si sottolinea come entrambi i governi già oggi facciano la loro parte. Ad esempio, nel 2020 se in Italia le richieste di asilo sono state 26.963, in Germania invece la cifra ha sforato quota centomila.
Lo aveva già dichiarato nei mesi scorsi il sociologo dell'immigrazione Maurizio Ambrosini su IlGiornale: “Se fosse introdotto il meccanismo di redistribuzione - era la sua convinzione - l'Italia rischierebbe il paradosso di accogliere ancora più migranti da altri Stati”. Una sproporzione che per l'appunto non può passare inosservata né all'Eliseo e né nella sede della cancelleria tedesca. Né Emmanuel Macron e né Angela Merkel vogliono altri migranti. Quest'ultima specialmente non ha intenzione di dare l'immagine della Germania di un Paese dalle frontiere aperte a pochi mesi dalle elezioni.
Da qui dunque l'idea di un rilancio definitivo di un piano d'azione europeo di investimenti. Lunedì la stessa Merkel ne discuterà con il presidente del consiglio italiano Mario Draghi. I due si incontreranno a Berlino e parleranno anche di immigrazione.
Tra le bozze circolate nelle stanze della diplomazia europea, si parla di almeno otto miliardi di Euro da dirottare nei Paesi di partenza dei migranti. Cifre da spendere per la sicurezza, il rafforzamento delle forze dell'ordine locali, ma anche per il rilancio delle economie locali e il ridimensionamento delle disuguaglianze sociali.
Si dovrebbe attingere dal fondo per il vicinato, lo sviluppo e la cooperazione internazionale (Ndci), nelle cui casse ci sono già circa 80 miliardi di Euro. Basterebbe utilizzare il 10%, secondo i piani europei, per far partire il piano di investimenti internazionali.
Una soluzione più politica che pratica: nessuno in Europa vuole i ricollocamenti, eccetto i Paesi di primo approdo, dunque l'unica strada per uscire da Bruxelles con un accordo è quello di una promessa a favore di un'elargizione di soldi negli Stati da cui si parte. Nella speranza che questo serva a frenare i flussi a lungo termine. Nel breve periodo invece, la situazione soprattutto in Italia appare di difficile risoluzione.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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