La guglia era già ricomparsa nel cielo di Parigi. E pian piano è riapparso pure quel senso di elevazione, della cattedrale gotica; svestita dai teli e dai pannelli, ha ripreso il suo aspetto alla vigilia delle Olimpiadi. Ora Notre-Dame è quasi pronta a tornare icona del panorama della Ville Lumière, simbolo religioso del cattolicesimo europeo e di resilienza. Ieri la ciliegina sulla torta dei lavori in corso da cinque anni. Il ritorno delle otto campane. Dopo l'incendio divampato il 15 aprile 2019, s'intravede l'ultimo miglio della ricostruzione. Entusiasmi riaccesi e curiosità per le «voci» di Notre-Dame, mai ammirate dai parigini così da vicino.
Soprattutto, sono il preludio della riapertura parziale, il 7 dicembre, quando lo Stato consegnerà la cattedrale alla Chiesa in una liturgia con benedizione, Magnificat e vespri. Il giorno successivo, il desiderio espresso dall'Eliseo attraverso un intenso lavorìo diplomatico sarà quasi certamente esaudito dal Vaticano. Papa Francesco atteso alla messa di «apertura» tra 75 giorni, l'8 dicembre. Millecinquecento parigini all'interno, gli altri sul sagrato dove sarà allestito un tendone. E con schermi giganti in vari punti della città.
La data di fine cantiere è fissata solo al 2025. Ma la voglia, anzi la promessa fatta da Macron poche ore dopo il tragico evento flambé causato da probabile cortocircuito elettrico o da un mozzicone di sigaretta ruzzolato da un'impalcatura, non poteva cadere nel vuoto. «Ricostruiremo Notre-Dame in cinque anni», disse. Ieri, protette da immense coperte, le otto mastodontiche campane sono tornate a casa dalla Normandia. Decine di parigini e habitué del turismo religioso a dargli il benvenuto, una carezza accennata, una preghiera. Quasi increduli. Chi segue i lavori fa partire il conto alla rovescia per la celebrazione tra meno di tre mesi. Intanto, in una Francia dilaniata da caotiche manovre post-voto, le «voci» di Notre-Dame riconsegnano un momento di unità. Motori rimessi in funzione. Plasmate nel 2013 per l'850esimo anniversario della cattedrale, rieccole a casa, benedette da Monsignor Olivier Ribadeau con tre colpi simbolici: «Il loro ritorno ci invita a unirci». Poi il montaggio. I nomi sono quelli di personalità che hanno animato la diocesi. Dalle 4 tonnellate della Gabriel, la più imponente, ai 782 kg della più «leggera», dedicata a Jean-Marie Lustiger, arcivescovo di Parigi dal 1981 al 2005. Otto meraviglie che risuoneranno di nuovo nel campanile nord, da cui furono rimosse nel luglio 2023 per il restauro della torre danneggiata dalle fiamme a cui è stata rifatta l'ossatura. Ripulite dalla fonderia Cornille Havard (che le aveva create) hanno passato il «tagliando». Pronte a invitare all'inaugurazione dopo lavori che hanno mobilitato centinaia di artigiani e 250 aziende. E che hanno ribadito pure la separazione tra Stato e Chiesa nella divisione dei «compiti»: tra ciò che è stato giudicato sacro (arredi e il battistero all'ingresso, l'altare, il tabernacolo andati nel sud della Francia) e cosa no.
A rovinare la festa, l'hashtag #saccagenotredame apparso contro la sostituzione delle vetrate originali con quelle più contemporanee volute da Macron. Alla fine sarà forse «coabitazione». Dall'anno prossimo. Luce ocra chiaro, quasi arancio. E donazioni generose: dagli 840 milioni di euro arrivati nel complesso, ne avanzano circa 140.
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