Francesco Cramer
Roma Gentiloni parte e va. I numeri parlano chiaro: 169 Sì e 99 No. «I numeri parlano chiaro, nelle commissioni sarà Vietnam», minacciano però quelli di Verdini, furibondi per essere rimasti a bocca asciutta di ministeri.
Sarà vero? Se non proprio guerriglia il governo farebbe bene a non considerare la sua prossima azione come una passeggiata. Le difficoltà sono dietro l'angolo. In alcune commissioni, infatti, il rischio palude è alto. Le commissioni sono i parlamentini dove si discutono e si votano tutti i provvedimenti, prima che passino all'Aula per la valutazione e il voto finale. Quelle permanenti sono 14 e ricalcano i principali ministeri: Giustizia, Affari esteri, Difesa, Bilancio, eccetera. Tutti i gruppi parlamentari devono essere rappresentati secondo calcoli abbastanza complessi. Il risultato è che non in tutte le commissioni i rapporti di forza rispecchiano quelli dell'Aula.
Così, nella settima commissione (Pubblica istruzione e Beni culturali), la maggioranza non può dormire sonni tranquilli. Undici senatori di maggioranza, dieci d'opposizione e uno di Ala (Barani). Il quale, votando No a un provvedimento potrebbe di fatto bocciarlo. Il pareggio, al Senato, vale come un No. Rischio stallo pure nella nona commissione, Agricoltura e produzione alimentare. Qui la maggioranza ha dodici senatori e l'opposizione undici. Sul filo del rasoio anche la commissione Esteri: maggioranza con 12 senatori, opposizione con 11. Il senatore di Ala, Francesco Maria Amoruso, potrebbe determinare il pareggio e quindi impantanare tutto. Non solo. Nella commissione Esteri ci sono pure Giorgio Napolitano e Mario Monti. Considerati maggioranza, però, raramente sono presenti ai lavori. Il problema è però risolto con l'escamotage di mandare qualcun altro al loro posto. Il gruppo, per esempio, può ordinare a Tizio di prendere il posto di Caio, assente. Non solo: ogni gruppo può decidere chi mandare in una determinata commissione. Così, se un partito ha intenzione di blindare un determinato parlamentino, lo assegnerà ai suoi senatori più attenti e presenti. Farà tremare i polsi a Gentiloni la composizione della commissione Bilancio, quella forse di maggior peso. Qui la maggioranza ha 14 senatori, l'opposizione 11 e i verdiniani sono ben 2: Antonio Milo e Pietro Langella. Si potrebbe arrivare così a un «pericoloso» 14 a 13. Sarebbe sufficiente un raffreddore o un inghippo di qualche senatore e il governo potrebbe «andare sotto». Insomma, è bene che palazzo Chigi non ostenti troppa sicurezza.
Anche se, è la riflessione di un
senatore del Pd: «Certo, potrebbe capitare che la maggioranza vada sotto... Che in commissione passi qualche emendamento dell'opposizione. Capita e capiterà. Ma poi tutto deve passare dall'Aula e lì si potrebbe rimediare».
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