Si scrive Zaporizhzhia, si legge incubo. La più grande centrale nucleare d'Europa, la Enerhodar, alla periferia della città del Sud-Est dell'Ucraina, è sottoposta a uno stillicidio di bombardamenti che perfino un bambino troverebbe pazzescamente pericolosi. «State giocando con il fuoco!», urla angosciato Rafael Grossi, il direttore dell'Aiea, l'agenzia internazionale per l'energia atomica, che rivolge a Ucraina e Russia una supplica perché trovino un accordo per creare una zona di sicurezza e protezione nucleare intorno al sito. «Non mi arrenderò fino a quando questa zona non sarà diventata realtà», sentenzia Grossi.
Ieri la pioggia di missili è proseguita e russi e ucraini si accusano a vicenda. La stessa Aiea ha registrato «potenti esplosioni» nell'area della centrale di Zaporizhzhia. Almeno una decina di ordigni lanciati tra sabato e ieri che per fortuna hanno provocato danni solo marginali ad «alcuni edifici, sistemi e attrezzature del sito» ma «finora nessuno cruciale per la sicurezza nucleare». L'Aiea definisce gli assalti «assolutamente deliberati e mirati». Ieri il presidente francese, Emmanuel Macron, ha sentito al telefono il direttore generale dell'Aiea Grossi e in serata ha parlato anche con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Ieri sono continuate le interruzioni delle forniture di elettricità in tutto il Paese, con black-out annunciati tra le 8 e le 12. A Kherson ripristinate le linee di comunicazione cellulari e la fornitura di gas per oltre 6.300 utenze.
La guerra va avanti. Chissà per quanto. «L'ipotesi che la fine della guerra in Ucraina possa arrivare in primavera suona come un sogno, ma bisogna essere più realistici», ha detto ieri il capo dell'ufficio del presidente ucraino, Andriy Yermak riferendosi alle parole del viceministro Volodymyr Gavrilov, che sabato aveva ipotizzato una riconquista della Crimea prima della fine dell'anno. Durante la notte tra sabato e ieri i russi hanno cannoneggiato una zona residenziale di Nikopol nell'oblast di Dnipropetrovsk e un uomo di 59 anni è rimasto ferito. «Oggi è il 270° giorno di una guerra su vasta scala. La Russia ha usato più di 4.700 razzi. Centinaia delle nostre città sono andate semplicemente a fuoco. Migliaia di persone sono morte. Centinaia di migliaia sono state deportate con la forza in Russia», ha detto ieri sera il presidente Zelensky. Il procuratore generale dell'Ucraina Andriy Kostin ha aggiornato ieri il numero dei civili uccisi dall'inizio dell'invasione russa, portandolo a 8.311, tra cui 437 bambini. I feriti sono più di 11mila. «Ma il numero reale è molto più alto dice Kostin - poiché non abbiamo ancora accesso ad alcuni territori occupati». Ritoccato anche il numero dei crimini russi documentati dal 24 febbraio «più di 45mila crimini di guerra e oltre 19mila crimini contro la sicurezza nazionale».
La guerra va avanti, le trattative no. Ieri il consigliere di Zelensky Mykhaylo Podolyak ha dapprima definito «bizzarri» i tentativi dell'Occidente di convincere l'Ucraina a negoziare con Mosca spingendo di fatto «il Paese che recupera i suoi territori a capitolare davanti al Paese che sta perdendo». Poche ore dopo ha proposto su Twitter un «semplice test. Come sedersi al tavolo delle trattative? Tre passi: 1) smettere di lanciare missili contro un paese sovrano; 2) ritirare le truppe dal territorio di un paese sovrano; 3) ritornare al diritto internazionale, dove sono stabiliti i confini dei paesi. È difficile?». Tre punti a cui fanno specchio quelli elencati su Telegram dal vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo Dmitry Medvedev, tra i megafoni più spregiudicati del putinismo applicato: «Vari scarafaggi che si sono riprodotti nell'insettario di Kiev minacciano costantemente di riprendersi la Crimea. Pertanto, voglio ricordare loro i fatti indiscutibili: 1) Kiev è la capitale dell'antica Rus'; 2) Kiev è una città russa all'interno dell'Impero russo; 3) Kiev è la capitale di una repubblica dell'Urss. Infine, Kiev è semplicemente una città russa dove la gente ha sempre pensato e parlato russo. Tanto per chiarire cosa e come va restituito».
Tesi geopolitiche e storiche insensate. La verità è che Kiev guarda all'Occidente, guarda all'Europa. La vicepremier ucraina per l'integrazione europea ed euro-atlantica Olga Stefanishyna ha ieri evocato un ingresso dell'Ucraina nell'Ue anche prima della fine della guerra.
«Non farò previsioni sul tempo - le sue parole - ma quando si tratta di adesione, la dinamica della guerra non sarà un fattore decisivo. Abbiamo concluso l'accordo di associazione quando la Crimea è stata annessa ed è scoppiata la guerra nelle regioni di Donetsk e Luhansk, ma ciò non ha influito sul lancio della zona di libero scambio».
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