Nuovo siluro per il governo: voto segreto sulla direttiva Ue

Emendamento di Costa (Azione) per recepire le indicazioni sulla presunzione d'innocenza: Pd e 5s rischiano la rottura

Nuovo siluro per il governo: voto segreto sulla direttiva Ue

Un siluro sotto la linea di galleggiamento della maggioranza giallorossa, un attacco su cui - grazie anche all'usbergo del voto segreto - far convergere il dissenso strisciante sul tema cruciale della giustizia. Mentre il governo si prepara ad affrontare la sfida in campo aperto, con il voto a scrutino palese che Camera e Senato dovranno esprimere giovedì sulla relazione del Guardasigilli Alfonso Bonafede, sul tavolo della presidenza di Montecitorio approda oggi un emendamento che rischia di portare alla luce la crisi di fatto del fronte che sostiene l'esecutivo di Giuseppe Conte.

Ad armare il siluro è un esperto navigatore del settore: Enrico Costa, deputato irrequieto oggi in forza ad Azione, il gruppo di Carlo Calenda. Costa è un garantista, quando stava con il partito di Alfano era sottosegretario del ministro della Giustizia piddino Andrea Orlando, e non perdeva occasione di bilanciare le uscite del ministro troppo tenere con i magistrati. Normale, dunque, che in questi due anni sia stato un critico accanito della gestione dei tribunali da parte di Bonafede. Ed è deciso a non perdere l'occasione per dare il colpo di grazia ad un ministro che appare in questo momento quanto mai traballante. Pazienza se Bonafede dovesse trascinare con sé nella caduta l'intero governo.

La chance è offerta dal voto, previsto a partire da martedì, della legge di delegazione europea, un provvedimento eterogeneo che recepisce nell'ordinamento italiano le direttive comunitarie. Recepimenti che sono in teoria atti dovuti. Ma c'è una direttiva Ue che da ben quattro anni l'Italia finge di non conoscere, e proprio in tema di giustizia: la 343 del 2016 sulla «presunzione di innocenza», sedici articoli che in Italia andrebbero a impattare soprattutto sulla abitudine invalsa di presentare arresti e retate varie in conferenze stampa che, come in casi recenti, danno per assodata la colpevolezza degli indagati. Una misura di civiltà, come altre contenute nella direttiva (tra cui, per esempio, il divieto di chiudere in gabbia gli imputati nel corso delle udienze). Eppure per l'Italia la 343 continua ad essere lettera morta. Bonafede non ha mai mosso un dito per applicarla, e la sua approvazione lo sconfesserebbe apertamente. Nel novembre scorso, quando Costa ha messo per la prima volta all'ordine del giorno della legge di delegazione europea la conversione della direttiva, la proposta era stata respinta con il voto (previsto) dei 5 Stelle e con quello del Partito democratico che aveva motivato la scelta con la necessità di non rallentare l'iter della legge rispedendola al Senato. La gogna mediatica poteva continuare indisturbata.

Ora però il clima è cambiato, e Costa è convinto che le ragioni del garantismo possano prevalere sulla tenuta barcollante del patto di governo. «Basta - dice ieri il deputato calendiano - col processo mediatico, basta conferenze stampa delle Procure in cui la presunzione d'innocenza non è mai rispettata, basta filmati delle forze dell'ordine in cui si documentano arresti, perquisizione e atti d'indagine dati in pasto alle tv ed alla rete prima ancora che gli indagati conoscano le accuse a loro carico».

Che il Pd possa anche stavolta dare indicazione di voto contrario è sempre possibile, anche se Costa rimarca come proprio dall'ex ministro Orlando sia venuta nelle scorse ore l'appello a «una svolta europeista» sul tema della giustizia, che mal si concilierebbe con il nuovo affossamento della direttiva dell'Unione. Ma a dare fiato alle voci garantiste nel gruppo dem contribuirebbe sicuramente la scelta del voto segreto.

La decisione spetta al presidente della Camera, il grillino Roberto Fico, che però dovrà fare i conti con i regolamenti che prevedono tra le materie per cui può essere richiesto il voto segreto le votazioni che incidono sui principi e sui diritti di libertà», e tra questi quelli sanciti dall'articolo 27 della Costituzione, ovvero le tutele degli imputati e la presunzione di innocenza. Esattamente l'argomento della direttiva.

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