
La scalata ai vertici del tifo organizzato nerazzurro, la spartizione degli affari (leciti e illeciti) legati alla gestione della curva nord, cinque colpi di pistola di cui due andati a segno. Un movente «cinematografico» per un delitto altrettanto eclatante nelle sue modalità è alla base dell'omicidio di Vittorio Boiocchi, per cui ieri sono scattati sei arresti. Lo storico capo della curva nord nerazzurra ha la peggio davanti alla sua casa di Milano, in via Fratelli Zanzottera, quartiere Figino, due anni e mezzo fa. Finisce in una pozza di sangue, freddato con una Luger 9 x 9 di fabbricazione ceca, da due killer a bordo di uno scooter, il 29 ottobre 2022. Quella sera a San Siro gioca Inter-Sampdoria: appena si viene a sapere che Boiocchi è morto, i capi ultrà obbligano tutti gli spettatori a uscire dal secondo anello verde. L'inchiesta va avanti per quasi tre anni nello sconcerto generale della città. Poi, a sorpresa, Andrea Beretta, ex leader della curva nord, arrestato per un altro omicidio quello dell'esponente della cosca di 'ndrangheta Antonio Bellocco - decide di collaborare con la giustizia, confessando di essere il mandante. La Squadra mobile di Milano, coordinata dalla procura guidata da Marcello Viola, cerca riscontri e li trova. È Beretta stesso a rivelare il regolamento di conti pagato col sangue, per desiderio di potere, l'avvicendamento nella leadership della curva, ma anche per soldi. Merchandising, biglietti maggiorati, estorsioni, parcheggi, catering: è il bacino di guadagni, di cui parte frutto di attività illegali, gravitante intorno al Meazza, il casus belli della guerra che si innesca da lì a poco. «Io tutti i guadagni che facevo col merchandising () tutto il guadagno lo dividevo con lui», dice Beretta a verbale con l'aggiunta della Dda Alessandra Dolci e i colleghi Paolo Storari e Stefano Ammendola. Eppure viene accusato da Boiocchi, ritornato a guidare le curve e i suoi business dopo oltre un ventennio passato in carcere, di avere fatto la «cresta» sulla cassa. Denaro che infine non vuole più dividere. Così organizza l'omicidio. Per mettere in pratica l'uccisione del rivale, gli bastano 50mila euro. «Una somma nemmeno troppo elevata», dicono i pm. L'organizzazione «sarebbe stata demandata» a Marco Ferdico e al padre Gianfranco, che procurano le «basi logistiche»: un furgone Fiat Ducato, i cellulari criptati, l'arma. Sarebbe stato un altro ultrà interista Mauro Nepi, anche lui già finito in carcere a fine settembre nel maxi blitz sulle curve, a suggerire a Beretta di rivolgersi ai Ferdico. E questi ultimi per il «progetto» si sarebbero rivolti, come veri esecutori materiali, a Daniel D'Alessandro e Pietro Andrea Simoncini, già coinvolto in un faida di 'ndrangheta in Calabria.
L'indagine è uno squarcio sui fatti di sangue che hanno segnato «una ferita profonda nella città di Milano e al suo tifo preso d'assalto dai gruppi criminali», per dirla con le parole del questore Bruno Megale. Un colpo ben assestato - anche se «mancano alcuni tasselli» nell'inchiesta- e un punto di non ritorno, per gli investigatori, verso la «pulizia» degli spalti.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.