Non c'è nessuna attenuante che tenga. Antonio De Pace, l'infermiere calabrese che il 21 marzo 2020, al culmine di una lite, uccise la fidanzata Lorena Quaranta picchiandola e strangolandola nella loro casa di Furci Siculo (Messina) per poi tentare il suicidio, deve rimanere in carcere a vita.
Lo ha deciso la Corte d'Assise di Reggio Calabria confermando la sentenza della Corte d'Assise di Messina che lo scorso luglio è stata annullata con rinvio dalla Cassazione «limitatamente al diniego delle circostanze attenuanti generiche». In pratica, la Suprema Corte si chiedeva se, prima di emettere sentenza di ergastolo, i giudici avessero tenuto conto dello «stress da Covid» di De Pace, allora 27enne. Era periodo di quarantena e, stando a quanto emerso durante il processo, Pace temeva il coronavirus e accusava la fidanzata di averlo contagiato, circostanza sconfessata dai tamponi effettuati. La procura generale di Reggio Calabria aveva condiviso la tesi e, nella sua requisitoria, il sostituto procuratore aggiunto Domenico Galletta aveva chiesto la riduzione della condanna a 24 anni di carcere. I difensori dell'infermiere, cavalcando la tesi della Cassazione, avevano auspicato una «pena proporzionata», sostenendo che si fosse trattato di un delitto che «non può essere considerato di genere», in quanto è «un omicidio apparentemente senza causale se non quella dello stato di angoscia». L'annullamento dell'ergastolo per il padre di Lorena valeva come se la figlia fosse «stata uccisa una seconda volta». «La verità commentava - è che lui aveva un complesso di inferiorità».
La tesi della Cassazione non ha convinto la Corte d'Assise d'Appello di Reggio Calabria, presieduta da Angelina Bandiera a latere il giudice Caterina Asciutto - che ha condannato De Pace all'ergastolo. Le motivazioni della sentenza saranno depositate entro 90 giorni e solo allora si capirà se ci sarà un nuovo processo in Cassazione. Lorena moriva la notte del 31 marzo 2020 dopo essere stata picchiata con degli oggetti e strangolata. La lite col fidanzato era iniziata la sera prima. De Paci, poi, si era procurato dei tagli prima di chiamare il 112. Secondo la sua versione, si trovava in uno stato di angoscia per la paura di avere contratto il Covid, anzi riteneva che fosse stata Lorena ad averlo contagiato. Lorena oggi sarebbe un medico.
Il suo sogno, che stava per avverarsi, è stato infranto da chi diceva di amarla. «Giustizia è fatta ha commentato il papà -. Abbiamo passato momenti brutti. Questa sentenza non è solo per mia figlia, ma per tutte le donne finite nelle mani di persone brutali».
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