In merito all’intricata vicenda della Fondazione Open, l’attacco più spietato contro Matteo Renzi arriva non dal centrodestra ma da Luigi Zanda, senatore e tesoriere del Pd.
Intervistato da Repubblica, l’esponente dem ha dichiarato che l’ex rottamatore quando era il capo del Pd aveva la responsabilità della finanze del partito. "Invece da segretario cercava risorse per la sua Fondazione".
Zanda, che da tempo non è in buoni rapporti con Renzi, ammette che dell'indagine conosce “poco o nulla” ma è naturale che “chi ha violato le regole ne risponderà, ma non ne parlo”. Il senatore dem, però, precisa di essere contrario alla commissione d'inchiesta proposta dal capo politico del M5s Di Maio perché “penso che, quando indaga la magistratura, il Parlamento debba lasciarla lavorare".
A Zanda non è piaciuto neanche il comportamento del leader di Italia Viva che ha attaccato i giudici per i metodi usati. "Penso che su questo procedimento l'autorità giudiziaria debba fare conoscere le ragioni di tante perquisizioni e di tanti sequestri di telefoni, perché l'opinione pubblica deve essere rassicurata sul fatto che ci siano forti motivazioni per un'azione così imponente".
Per il tesoriere dem la questione è anche legata all’etica politica e al suo ruolo come segretario del Pd. All’epoca di questa importante carica, rilancia Zanda, “Renzi ha raccolto risorse molto rilevanti di 7 o 8 milioni convogliandole alla Fondazione Open che, come lui stesso ha dichiarato, finanziava le sue attività politiche. Come segretario del Pd avrebbe dovuto riflettere sull'evidente situazione di conflitto in cui si trovava". In pratica, secondo il senatore, mentre il partito era impegnato a trovare risorse, Renzi da segretario “cercava risorse per la sua Fondazione Open”. E qui, ecco un’accusa pesante e ben precisa. Durante la sua guida, l’ex rottamatore “metteva in cassa integrazione ben 160 dipendenti del suo partito, peraltro al verde per via della campagna per il referendum costituzionale del 2016, costata uno sproposito".
Il tesoriere ammette anche che la situazione economica del partito era difficile soprattutto perla mancanza di risorse per poter svolgere l’azione politica e la cassa integrazione. Ma i problemi non sono terminati tanto che ha annunciato che l'anno prossimo il Pd promuoverà una campagna per raccogliere fondi chiedendo a iscritti e elettori un contributo di 2 o 5 euro.
Sul tema delle risorse economiche il discorso è ben più vasto. Per Zanda,infatti, il finanziamento pubblico dei partiti è una necessità della democrazia. “Non è l'antidoto all'illegalità, che va combattuta con altri mezzi, ma è un elemento costitutivo di una democrazia più sana. Il Parlamento dovrebbe discutere se la democrazia è la principale tra le risorse di libertà cui dispongono i cittadini o debba essere considerata in ostaggio di chi ha i mezzi economici per finanziarla".
Pertanto, il tesoriere dem considera vitale l'attuazione dell'articolo 49 della Costituzione “per garantire la democrazia interna dei partiti, presupposto per evitare la deriva dei tanti partiti personali.
Al tempo stesso bisogna individuare delle forme ragionevoli di finanziamenti pubblici e controllabili". L’ultimo pensiero il senatore lo spende per il M5s che sembra molto condizionato dalla Casaleggio associati, anche se non conosce a fondo tutti i legami tra le due parti.
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