"Ora un ministero per il made in Italy. E un fondo da almeno 20 miliardi"

La senatrice di Fi: "Riunire le competenze per aiutare le pmi"

Senatrice Maria Virginia Tiraboschi (Fi), in tempi non sospetti sosteneva la necessità di un ministero per il made in Italy.

«A maggior ragione oggi. Sono stata la prima, nel luglio 2018, a presentare in Senato un disegno di legge. Ora è ancora più urgente, visto che il made in Italy è il terzo marchio più noto al mondo dopo Visa e Coca Cola».

Anche alla Camera c'è un progetto analogo. Hanno firmato tutti o quasi ...

«È una proposta bipartisan voluta dalle opposizioni più Pd e Italia Viva perché utile e strategica. Certo, manca il M5s...».

Al ministro degli Esteri Di Maio non piace?

«Temo proprio perché geloso delle deleghe oggi in capo alla Farnesina. Ma è proprio questo che non va: la tutela del made in Italy oggi è sparpagliato tra i ministeri degli Esteri, del Mise, dell'Agricoltura. Troppa frammentazione. E mai come adesso le pmi hanno bisogno di aiuti».

Qualcosa si sta facendo: Cdp e Sace hanno messo sul tavolo 7 miliardi di euro di fondi per sostenere le pmi nell'accesso al credito, l'export e l'internazionalizzazione. Bastano?

«Ma no. È un atto coraggioso del governo ma quella cifra serve solo a tamponare l'ansia. Bisogna creare un fondo di garanzia di almeno 20 miliardi per garantire prestiti per 400 miliardi. Ma al di là delle risorse serve un modello nuovo, olistico direi».

Cioè?

«Gli imprenditori delle pmi e gli artigiani speso promuovono le nostre eccellenze in autonomia e con scarsi risultati perché non sono sostenuti dal Sistema Paese. Un ministero ad hoc è indispensabile».

Se l'Italia è frammentata, l'Europa non sta certo meglio ...

«Altro anello debole. L'Europa così non va: troppi egoismi, troppo potere all'asse franco-tedesco. L'Europa deve darsi un piano di politica industriale che ad oggi manca».

Un gigante d'argilla stretto tra i due colossi Usa e Cina?

«Esatto. E noi dobbiamo guardare verso Oriente. Dobbiamo andare dove ci sono i numeri. In Cina ci sono 400 milioni di persone con forte potere d'acquisto. Buttiamoci lì, sedendoci a un tavolo alla pari. Per non parlare del turismo».

È il nostro atout?

«Sì, ma non abbiamo ancora capito l'immensa potenzialità del Paese. Abbiamo perso quote di mercato mentre il settore può fare 2 punti in più di pil, pari a 36 miliardi. Ma dal governo non è stato fatto ancora alcun piano serio».

In più il virus ci sta stroncando: siamo il Paese dei monatti.

«Sì, fino a quando l'Oms

non ha dichiarato che quella in atto è una pandemia. Amici di alcuni fondi d'investimento internazionali mi hanno messo in guardia: Dovete fare subito una campagna massiccia per evitare di passare come gli untori d'Europa».

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