«Colleghi medici, il successo della campagna vaccinale dipende da noi». Claudio Cricelli, presidente della Società italiana di Medicina generale e delle cure primarie, si rivolge ai medici di famiglia, quelli che conoscono per nome i loro pazienti e che hanno il quadro completo delle loro patologie. In questa fase endemica (ma non troppo) della pandemia, la sfida cruciale è intercettare la platea di chi non ha ricevuto la quarta dose e di chi nemmeno si è mai presentato agli hub vaccinali. Gli irriducibili anti profilassi sono 6,78 milioni di persone. E al momento sono 11,7 milioni gli anziani che in Italia non hanno ricevuto la quarta dose del vaccino anti Covid.
Con la minaccia di nuove varianti e di un virus d'importazione cinese c'è poco da temporeggiare e, così come sollecita anche il ministero della Salute, vanno promosse le quarte dosi.
«Direi anche delle quinte dosi. Per molti anziani e pazienti fragili è arrivato il momento di un'ulteriore vaccinazione. Per altro, la quinta dose è l'unica che prevede il vaccino bivalente, cioè l'unica a dare una copertura contro Omicron».
Come impostare le vaccinazioni? Fino a pochi mesi c'erano gli hub, ora i pazienti vanno contattati direttamente?
«I medici di famiglia hanno un ruolo chiave. Dove la vaccinazione è stata affidata a loro, ci sono numeri alti. Penso ad esempio alla Toscana o al Lazio. E poi nemmeno dobbiamo cercare gli anziani».
Cioè vengono loro da voi?
«Abitualmente. Si consideri che una persona anziana va dal medico di base 7 o anche 8 volte più frequentemente rispetto a un paziente sotto i 60 anni. Fosse anche solo per una ricetta o per farsi controllare la pressione ma ci va. E quell'incontro è sempre una buona occasione per spiegare l'importanza della vaccinazione e suggerire la quarta, o la quinta, dose».
Purtroppo non tutti i suoi colleghi la pensano allo stesso modo.
«É scriteriato chi dice qualcosa contro la vaccinazione».
In Italia abbiamo una buona copertura vaccinale?
«Le dosi somministrate sono 145 milioni e abbiamo buone percentuali, soprattutto in certe fasce di popolazione ma la copertura vaccinale non è omogenea e ci sono certe regioni italiane molto scoperte e quindi a rischio nel momento in cui dovessero nascere nuovi focolai».
Quali regioni?
«Molte nel Sud Italia e nel centro. Altre invece, come ad esempio la Lombardia, erano partite male con la campagna di iniezioni ma poi hanno ampiamente recuperato».
Ormai la maggior parte degli italiani, soprattutto gli under 50, ha in corpo un vaccino «datato». Basterà a proteggerci da un'eventuale ripresa del virus?
«Dobbiamo metterci in testa che la vaccinazione contro il Covid è come quella contro l'influenza e va ripetuta. Al momento chi si è vaccinato mesi fa ha una copertura relativa contro il virus.
Tuttavia dobbiamo tener contro che è proprio grazie alla vaccinazione di massa che siamo riusciti ad attenuare l'impatto del Covid e a scongiurare il rischio dello sviluppo di nuove varianti. Quindi non sottovalutiamo gli effetti del vaccino. Il virus circola ancora ma i ricoveri non crescono, è molto più gestibile rispetto a uno o due anni fa».
Ciò che sta accadendo in Cina ci conferma il ruolo scudo del vaccino?
«Proprio così. Quello che sta accadendo in Cina è proprio ciò che non vogliamo accada qui. Larga parte della popolazione cinese non è vaccinata. Chi ha ricevuto il vaccino, ha in corpo un siero poco efficace che non garantisce una vera copertura. I vaccini che abbiamo a disposizione noi sono molto più sicuri ed efficaci. Abbiamo anche offerto scorte delle nostre dosi ai cinesi».
Insomma, non ci resta che aumentare i numeri per prepararci a ogni
evenienza?«Con le vacanze di Natale è normale che la gente non sia corsa a vaccinarsi, ma adesso lo faccia. L'altro giorno abbiamo avuto 13mila vaccinazione in un giorno in tutto il Paese. I numeri devono aumentare».
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