Ottavia salva dopo 80 ore tra sollievo e polemiche

La speleologa fuori dall'Abisso, 150 i soccorritori. La madre felice e amara: "Ci hanno detto di tutto"

Ottavia salva dopo 80 ore tra sollievo e polemiche
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È riemersa dall'Abisso di Bueno Fonteno a pezzi, ferita al corpo e al volto, e anche con l'animo spezzato. Ma quando ha incrociato gli occhi del suo compagno, nel cuore della notte tra martedì e mercoledì, Ottavia ha capito che l'inferno era alle spalle. «Ci siamo rassicurati a vicenda e siamo scoppiati in lacrime», rivela il fidanzato quando la 32enne bresciana è ormai al sicuro nel reparto di ortopedia dell'ospedale Giovanni XXIII di Bergamo.

Alle 2,59 di ieri, dopo 80 ore al freddo e al buio nel ventre della sua terra, la speleologa ha rivisto la luce in quello che, grazie a un vero e proprio maxi-salvataggio, si è concluso con un lieto fine. Nell'impervia zona della Bergamasca per quattro giorni si è radunata l'Italia migliore. Oltre 150 tecnici del soccorso alpino e dei vigili del fuoco, provenienti da tredici regioni italiane diverse ma abituati e operare all'unisono, hanno lavorato ininterrottamente in turni di 14-15 ore per portare la barella lungo i quattro chilometri che separavano il punto dove la ricercatrice era caduta fino all'uscita.

L'accelerazione nelle operazioni, improvvisa, è arrivata nella serata di martedì con l'ultimo tratto delle gallerie percorso più velocemente. La via di fuga era stata ben tracciata e la forza di volontà di Ottavia ha aiutato. «Voleva uscire e ha resistito - hanno spiegato i soccorritori -, per darle forza le abbiamo mostrato gli sms degli amici». E all'uscita Fonteno è esploso in festa nel cuore della notte, con la gioia a prevaricare sulla tensione di qualche attimo prima. A tirare un sospiro di sollievo, nella piccola località bresciana di Adro, sono i genitori della 32enne che hanno seguito con apprensione e insonnia gli ultimi quattro giorni. Papà Pierluigi dice solo: «Ottavia sta bene, questo adesso è l'importante», mentre mamma Lucia spiega sibillina ma con amarezza: «In questi giorni è stato detto di tutto, ora preferiamo il silenzio».

Da una parte gli haters, dall'altra il Paese reale. Quello della solidarietà e dell'impegno. «Una delle caratteristiche di questo intervento è stata la sinergia», ha spiegato Mauro Guiducci, vicepresidente del Corpo nazionale del soccorso alpino e speleologico (Cnsas). E, infatti, mentre la comunità di Fonteno ha aperto le proprie strutture e case a tutti la prefettura di Bergamo ha permesso l'arrivo in tempi rapidi dell'esplosivo necessario per allargare il percorso in grotta, la polizia stradale ha fatto da staffetta, i carabinieri sono intervenuti in supporto, la struttura sanitaria della Regione Lombardia ha assistito fisicamente e psicologicamente la ferita, chiudendo il cerchio con un volo notturno in elicottero per portare la 32enne in ospedale. «Noi del Cnsas siamo in 7mila - ha sottolineato Guiducci -. Il lavoro di questi giorni è frutto di tante esercitazioni, di tante giornate di formazione fatte in un'uniformità in tutte le regioni, in modo che i nostri tecnici lavorino sempre con le stesse metodologie e le stesse attrezzature».

Si sono mosse all'unisono in grotta e all'unisono hanno risposto alle polemiche. A quelle sui costi del soccorso come a quelle sul precedente incidente della speleologa: «Non giudichiamo le persone che aiutiamo: sappiamo solo che c'è una persona in difficoltà e interveniamo. Possiamo magari giudicare alcuni atteggiamenti sprovveduti, ma non era questo il caso. Si trattava di una speleologa esperta, con tanta esperienza alle spalle, ed era correttamente attrezzata», ha tagliato corto Federico Catania, uno dei soccorritori. Più netto Guiducci.

«A volte ci sono interventi che passano totalmente inosservati per una singola persona che si è persa in montagna: interventi che richiedono ore e ore di elicottero per individuarli. Vi garantisco che hanno costi enormemente più elevati di questo».

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