Sette anni e undici mesi di reclusione: questa la richiesta della Procura di Locri per l'ex sindaco di Riace, Mimmo Lucano, idolo della sinistra e simbolo dell'accoglienza, difeso a spada tratta negli anni da personaggi del calibro di Roberto Saviano o Fabio Fazio. Gente che nel tempo, da quando fu accusato di operare nel campo dell'immigrazione come promotore di un'associazione a delinquere, si schierò dalla sua parte. Oggi il paladino di buonisti e radical chic è accusato, lo sintetizza la requisitoria del pm Michele Permunian, di aver commesso «un numero indeterminato di delitti contro la pubblica amministrazione, la fede pubblica e il patrimonio, così orientando l'esercizio della funzione pubblica del ministero dell'Interno e della prefettura di Reggio Calabria, preposti alla gestione dell'accoglienza dei rifugiati nell'ambito dei progetti Sprar, Cas e Msna e per l'affidamento dei servizi da espletare nell'ambito del Comune di Riace».
La Procura di Locri, per giunta, ha contestato l'aggravante della continuità.
Dei ventisette imputati, per ventidue è arrivata richiesta di condanna, per quattro l'assoluzione.
Nel processo Xenia le persone coinvolte a vario titolo sono accusate di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, truffa e abuso d'ufficio sulla gestione dei progetti di accoglienza per i migranti. Mentre sulla testa di Lucano, come detto, pende la spada di Damocle dell'essere stato a capo dell'associazione a delinquere.
»Si comprende - ha detto il procuratore - che Lucano è il decisore, colui che opera le assunzioni nelle associazioni, che fa lavorare i riacesi e tieni in piedi un sistema di welfare. Non può allontanare i migranti per un'immagine pubblica che ormai si è creato e, soprattutto, perché deve tenere in piedi un sistema che fa lavorare tutti i riacesi i quali stanno zitti». Permunian ha proseguito: «Emerge che è Lucano a fare e disfare le associazioni a seconda della vicinanza ideologico politica. Quando si creano degli attriti costituisce una nuova associazione in cui riversa i migranti di quella che decide di chiudere».
Nelle intercettazioni, ascoltate in aula durante le sette ore di requisitoria, si è sentito l'ex sindaco, che è anche candidato alle prossime regionali in Calabria con l'ex pm Luigi de Magistris, pronunciare frasi di una gravità assoluta, tra le tante la più grave: »Io odio lo Stato». Per il pm, «il modo in cui Lucano esercitava il potere assoluto ovverosia con totale disprezzo delle regole e al fine di rafforzare la sua posizione politica».
Quelli a Lucano, ha tenuto a sottolinearlo il capo della Procura di Locri Fulvio Accurso prima di quest'ultima fase del processo, «non sono stati e non saranno mai un'indagine e un processo agli ideali o all'accoglienza. Non è mai stato nelle intenzioni della Procura contrastare quello che è un principio fondamentale come quello di accogliere le persone che sono in difficoltà. È un'indagine iniziata nel 2016 e che ha attraversato vari governi; ne ho contati ben quattro e di diversi estrazioni politiche».
Tra le richieste della Procura anche 4 anni e 4 mesi di reclusione per la compagna di Lucano, Lemlem Tesfahu, 7 anni e 5 mesi per l'imputato Fernando
Antonio Capone, 4 anni e 10 mesi per Cosimina Ierinò.Sarà la prossima fase del processo a stabilire se il gup confermerà quanto proposto dal pm. Intanto, c'è da scommetterci, i radical chic faranno ancora di Lucano un martire.
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