Nessuna novità esplosiva, e d'altronde la Commissione Antimafia non era la sede giusta per rivelazioni ad effetto. Ma il quadro che Luca Palamara, ex presidente dell'Associazione nazionale magistrati, traccia ieri davanti ai membri della commissione è più che sufficiente a capire perché in molti abbiano cercato di impedirne l'audizione. Palamara infatti descrive in modo ancora più crudo del solito i meccanismi di potere che governavano la magistratura italiana. E rivela qual era lo spauracchio che agitava i sonni della corporazione in toga: «Già da quando ero presidente dell'Anm la riforma che temevamo di più era quella del sorteggio, perché avrebbe scardinato il sistema delle correnti». È una ostilità che non si è placata: ora che di forme di sorteggio del Csm compatibili con la Costituzione si torna a parlare, l'opposizione da parte dell'Associazione è quasi compatta.
Palamara non si tira indietro neanche davanti al tema più scottante, quello direttamente collegato alla sua convocazione a Palazzo San Macuto: la manovra che impedì che alla guida del Dap, la direzione delle carceri, approdasse il pubblico ministero palermitamo Nino Di Matteo, sorpassato in extremis da Francesco Basentini. «È stato messo in moto un meccanismo rispetto al quale il profilo di Di Matteo poteva essere ingombrante», ha spiegato Palamara. Di Matteo era «ingombrante» nonostante che «il tema del 41bis o tematiche dell'antimafia erano di più spiccata conoscenza di un magistrato impegnato in un processo sulla trattativa Stato-mafia». Al posto di Di Matteo arrivò Basentini, grazie a un meccanismo che Palamara definisce «parallelo» a quello delle correnti: «Direttamente o no, le correnti hanno influito sugli incarichi apicali del ministero della Giustizia. Nel caso di Basentini non c'è stata una diretta interlocuzione tra il ministro e i vertici della corrente», la nomina è avvenuta senza passare per le correnti ma sulla base di un «meccanismo parallelo».
Lo strapotere delle correnti resta comunque il leit motiv della testimonianza di Palamara: «Vorrei tranquillizzare tutti e fare pulizia delle millanterie: se qualcuno sceglie sulle nomine sono solo le correnti, al di là dei racconti roboanti fatti in altre sedi. È difficile che il miglior influencer possa scavalcare il meccanismo delle correnti.
I magistrati presenti in questa aula sanno bene che se un esterno ha un desiderio, ovvero che un suo amico possa essere eletto procuratore della Repubblica, ma quell'amico non appartiene alle correnti, non ci riuscirà mai». E sembra una risposta indiretta a chi, come l'avvocato Amara, dice a verbale di avere influito su nomine eccellenti.
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