Il sistema si difende con il silenzio. Tra i magistrati non si commenta il libro-intervista di Alessandro Sallusti a Luca Palamara che s'intitola, appunto, «Il Sistema»(Rizzoli) e dimostra la commistione tra politica e attività giudiziaria. Tacciono i singoli nelle mailing list delle correnti, tacciono i consiglieri del Csm, tacciono i vertici della Anm. E quando Matteo Salvini, a Di martedi (La7), tira fuori le dichiarazioni che riguardano le sue vicende giudiziarie, dicendo che Palamara racconta dall'interno di una certa giustizia malsana come qualcuno utilizza a suo piacimento le inchieste, subito Giovanni Floris gli tappa la bocca: «Eh, ma se lo diceva prima, ormai è stato espulso».
Gli unici che parlano del libro-denuncia sono quei magistrati che non si riconoscono in alcuna corrente e da anni cercano di scoperchiare il vaso di Pandora, come Palamara ha fatto adesso. «Nell'ascoltare il conduttore ieri sera (martedì, ndr)si è avvertita la sensazione che il Sistema abbia già predisposto la sua strategia difensiva per resistere all'uragano che dovrebbe investirlo», si legge nell'editoriale del blog «Uguale per tutti». Quella di Floris suona come «la tipica scusa italica: se me lo dicevi prima. A ben vedere è molto sospetta perché pare concepita a misura del Sistema, proprio lo stesso che PRIMA non ha fatto parlare un Palamara molto desideroso, invece, di raccontare e spiegare» e che «cacciandolo, conta di averlo screditato». In sostanza, «se parlava prima era ricatto; se parla dopo è vendetta».
Sempre su «Uguale per tutti» Carmen Giuffrida, magistrato al Consiglio dell'Ue, ricorda che il Procuratore Generale della Cassazione Giovanni Salvi in una direttiva ai suoi che valutano le toghe da accusare per le chat di Palamara, indicava «di non procedere con l'incolpazione nei casi di autopromozione». Ora nel libro si scopre che nel 2017 Giovanni Legnini, allora vicepresidente del Csm, voleva Salvi Pg della Cassazione e lui stesso a «giugno invitava Palamara su una splendida terrazza di un lussuoso albergo romano nei pressi di Corso Vittorio Emanuele e lì fastosamente si auto-promuoveva». Palamara assicura che dell'incontro con Salvi c'è prova sul suo cellulare e la Giuffrida conclude: «Escludere dall'azione disciplinare l'autopromozione dopo essersi autopromossi non è cosa che possa restare inosservata».
Querela per diffamazione l'aggiunto di Roma Paolo Ielo e Palamara risponde: «La querela richiede l'onere della prova». Giuseppe Cascini del Csm dice al Fatto che è «tutto inventato», sulle sue pressioni per fermare il disciplinare contro il pm Henry J. Woodcock, ma l'ex presidente dell'Anm lo sfida «a un confronto pubblico», dicendo di aver prove e testimoni. Quanto alla politica, Maurizio Gasparri di Fi chiede «concrete azioni di radicale revisione della magistratura, con montagne di estromissioni» e prepara «specifiche iniziative» sull'ex procuratore di Roma Giuseppe Pignatone. Il coordinatore siciliano azzurro Gianfranco Miccichè vuole una commissione d'inchiesta parlamentare: «L'accanimento nei confronti di Berlusconi è stato feroce e non si può escludere un'alta regia».
Per Fabrizio Cicchitto, David Ermini che rimane vicepresidente del Csm conferma che è «un prodotto del sistema» e l'espulsione di Palamara «un modo per assicurarne la continuità». E l'azzurra Matilde Siracusano si augura che un nuovo governo introduca nella riforma del Csm il sorteggio, che il Guardasigilli Alfonso Bonafede ha bocciato.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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